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Fini riappare in tv: Fratelli d'Italia? Ho sbagliato. La confessione su Meloni

Luigi Frasca
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Un abbraccio ideale a Giorgia Meloni, un «mea culpa» e un consiglio alla premier: «Sui diritti civili, il governo farebbe meglio a lasciare che se ne occupi il parlamento». Torna a parlare, Gianfranco Fini, ma quello dell'ideatore della «Svolta di Fiuggi», che segnò il passaggio dalla destra missina e nostalgica alla destra moderata e liberista di Alleanza Nazionale, è a tutti gli effetti un «non ritorno». Fini, infatti, si dice determinato a restare lontano dalla politica dei partiti e delle tessere, spiegando che «si può lavorare anche senza avere incarichi». E lui, in questi anni, ha lavorato, pubblicato libri, seguendo sempre quanto avveniva nella politica italiana e nel campo del centrodestra, completamente rivoluzionato dall'ascesa di Fratelli d'Italia. Qui si innesta il primo «mea culpa» dell'ex presidente della Camera. «Avevano ragione loro e avevo torto io», dice Fini riferendosi a Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, gli ex compagni di viaggio che hanno dato vita assieme a Guido Crosetto - a FdI. «Quando nacque FdI manifestai uno scetticismo totale», ricorda. Un ravvedimento non di oggi, che lo ha portato a votare convintamente per Meloni alle politiche del 25 settembre.

 

 

Alla presidente del consiglio, Fini non sente di dover offrire la sua esperienza, «non ha bisogno di essere ispirata», sottolinea. E tuttavia, Fini non manca di segnalare che, dal suo punto di vista, «il governo farebbe meglio a non occuparsi di temi come quello legato ai diritti civili e a lasciare che se ne occupi il Parlamento». Quella dei diritti civili, sottolinea oggi, è «una materia delicata, soprattutto quando si agisce sulla famiglia e sui diritti omosessuali. L'atteggiamento delle istituzioni deve essere laico. In Italia si è sempre divisa l'opinione pubblica», sottolinea l'ex terza carica dello Stato. Che poi fornisce un altro consiglio: le mascherine rimangano obbligatorie negli ospedali. Dopo la «svolta» di Fiuggi, nel '95, Fini fu protagonista di un altro passaggio storico per la destra italiana: lo strappo con Silvio Berlusconi: «Il Popolo delle Libertà fu un errore, non lo perdono a me stesso», premette chi pronunciò quel «che fai, mi cacci?» strillato in faccia a Berlusconi che segnò l'inizio della fine del Pdl. Un passaggio che in molti hanno ricordato in occasione di quel «non sono ricattabile» pronunciato da Meloni in risposta agli «appunti» del Cavaliere sulla leader FdI, nelle ore delle trattative per la formazione del governo.

 

 

«Ho provato una fortissima simpatia», confessa Fini, «Berlusconi è un personaggio che ha una fortissima personalità. Ha preso atto, anche in modo amaro, che il sovrano ha perso lo scettro ad opera di una donna che ha mangiato pane e politica e che non viene dalla mitica trincea del lavoro». Poi un messaggio a Letta: «Mentre la destra, può piacere o non piacere, cerca di avere un'identità, la sinistra è sempre politicamente corretta. È sempre - spero che Letta non si offenda - tendenzialmente grigia, non suscita più speranza, non accende più un cuore. È prevedibile, scontata».

 

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