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Vittorio Feltri esulta per Alberto Stasi: brindo all'uomo mite in cella da innocente

Vittorio Feltri
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Mi ha sconvolto la notizia di un nuovo indagato nel caso Garlasco. Non perché conosca il soggetto in questione o abbia una mia tesi sul suo coinvolgimento nel caso (nutro un certo scetticismo nei risvegli repentini della giustizia e lascio che l’indagine faccia il suo corso). Ma perché ero ormai rassegnato. Ed è il primo spiraglio che intravedo in un processo durato 18 anni in cui la giustizia si è accanita a più riprese su un povero innocente (Alberto Stasi) togliendogli tutto quel che aveva. Gli anni più belli. La fiducia. La speranza. Se penso a Stasi mi commuovo. È un amico. Un uomo perbene. Un professionista serio. La prima volta che lo vidi mi colpì la sua timidezza. Dichiarava con convinzione la sua innocenza ma pareva che nessuno fosse disposto ad ascoltarlo a parte il sottoscritto. Notai subito che non aveva la carica irruente che serve in casi come questo e sarebbe stato fagocitato dal sistema, vittima sacrificale e perfetta di una non giustizia che lo incarcerava e trionfava. Negli anni successivi però mi ha sorpreso. Dimostrando un carattere e una forza che non credevo possedesse. Ha passato le pene dell’inferno e ha portato la croce della condanna con dignità e consapevolezza. Anche l’altro giorno che l’ho incontrato sorrideva amabilmente e parlava del suo futuro. Eppure non conosco vicenda giudiziaria più drammatica.

Anzi una c’è: il caso Tortora. E sappiamo come è andata a finire. Penso che nel caso Garlasco siano stati commessi errori madornali e pacchiani. Le indagini sono state condotte malamente e in modo pasticciato. E le decisioni prese frettolosamente e senza avvedutezza. Non bisogna essere esperti giuristi. È questione di logica. Mille rivoli e incartamenti. Le procure che lavorano insieme e si accavallano. Vigevano e poi Garlasco. Non c’erano prove, solo indizi e supposizioni. Ma c’era una sete incredibile di trovare il mostro da dare in pasto all’opinione pubblica e da sbattere in prima pagina. Chi meglio e chi altro del laureando con la faccia da contabile e lo sguardo schivo che risponde con educazione e riserbo, sempre rispettoso e mai sguaiato anche nelle aule di tribunale, anche davanti ai microfoni invadenti dei giornalisti assetati di notizie? Soprattutto in un paese di provincia come Garlasco dove si conoscevano tutti e non erano certo abituati ai riflettori della stampa. E così si sono presi elementi sommari e si sono resi prove inconfutabili di una colpa che non era sua. I pedali della bicicletta. Le scarpe da ginnastica. Chiara che apre la porta al suo aggressore e dunque l’aggressore doveva essere per tutti e per forza il fidanzato. Ma non c’erano l’arma del delitto. E neppure il movente. E della vita di Chiara, la ragazzina esile e solare che aveva aperto all’assassino ed era stata barbaramente colpita alla testa, non era stato scandagliato nulla sebbene lavorasse fuori di casa e avesse altri amici e conoscenti. Il processo che ne seguì segnò l’apoteosi delle incongruenze. Il ragazzo perbene, biondino e pallido, che doveva laurearsi in Bocconi venne processato in Corte d’assise e assolto per mancanza di elementi di colpevolezza. Sospiro di sollievo. Ma la pubblica accusa fece ricorso come spesso avviene (anche se trovo incomprensibile che un pm impugni un verdetto emesso dai colleghi togati) e Stasi fu assolto di nuovo. Poteva essere la fine dei patimenti ma i pm vollero andare in Cassazione e arrivò la condanna definitiva a 16 anni.

 

 

Cosa significava questo? Che non uno ma due collegi giudicanti erano stati giudicati incapaci? L’impressione era quella. Non bastasse un mese fa la Corte di Giustizia Europea ci ha messo lo zampino respingendo il ricorso con cui il povero Alberto chiedeva che si facesse testimoniare una signora che nei minuti in cui si consumava il delitto avrebbe visto una bicicletta nera appoggiata ai marciapiede dell’abitazione dei Poggi. Altra no della giustizia, altro schiaffo. Un continuo e perenne accanimento. Ieri la svolta. Un nuovo indagato, l’amico del fratello di Chiara. Non so dire come andrà a finire. Ne ho viste troppe in questo processo. Ma spero sia la svolta vera e definitiva per Alberto che ha resistito nonostante tutti gli accidenti che gli sono capitati. E ha ancora una vita davanti. Ho sentito qualcuno parlare di risarcimento, nel caso venisse fuori un nuovo colpevole e fosse provata tardivamente l’innocenza di Stasi. Ma quale cifra potrebbe mai ricucire la ferita o risarcire un uomo preso per il bavero della sua esistenza mite e sbattuto in una cella come il peggiore dei criminali? Brindo a questo ragazzo perbene, diventato uomo, che ha tenuto botta e forse ha avuto fede (cosa che mi difetta assai). Nella speranza di trovarci ben presto a farlo insieme in un ambiente più consono a un povero innocente.
 

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