Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

L'ordine internazionale resterà dominato dagli Usa. Il possibile ruolo dell'Italia

Gaetano Massara
  • a
  • a
  • a

L’estate ci ha dato segnali inequivocabili sul prevedibile assetto internazionale e sulle possibilità che la preminenza americana venga ridimensionata dall’emergere di un blocco alternativo coagulato attorno all’ “amicizia senza limiti” russo-cinese. Ciò vale in particolare per il settore che rappresenta l’essenza ultima della sicurezza, e quindi dell’esistenza, degli Stati: la difesa. Il vertice di Johannesburg dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) si è limitato a cercare un’intesa in materia di crediti allo sviluppo e sistema dei pagamenti internazionali alternativi a quello occidentale. Il Blocco dei Cinque si allargherà ad Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati arabi, Etiopia e Iran. Ma le differenze e talvolta i contrasti tra questi Paesi (per es. le dispute di confine tra India e Cina) rendono improbabile un’estensione dell’intesa al settore della difesa. Al contrario, Washington è riuscita ad estendere e approfondire le proprie alleanze militari in chiave anti-cinese e anti-russa. Una di queste è la Nato, allargata alla Finlandia e probabilmente alla Svezia. Un’altra è l’AUKUS, l’accordo Australia-Regno Unito-Usa con cui Washington ha convinto Canberra allo sviluppo congiunto di sommergibili a propulsione nucleare. Poi c’è il patrocinio all’accordo tra Giappone e Corea del Sud per la cooperazione sui missili balistici. Oltre agli accordi con Filippine e Papua Nuova Guinea per l’installazione di nuove basi americane.

 

 

Ma la leadership americana deve fare i conti con diverse incognite. Primo, in Asia non esiste ancora un’alleanza multilaterale a guida americana sul modello della Nato. Mentre la nascita della “Nato europea” fu anticipata e facilitata dal Piano Marshall, il protezionismo americano sancito con l’Inflation Reduction Act non predispone gli alleati asiatici dell’America in favore della creazione di una “Nato asiatica”. Secondo, la Russia è impantanata in Ucraina. Il cinismo di Putin potrebbe indurlo a fare uso di armi nucleari tattiche. Mosca avrà prevedibilmente difficoltà ad alzare lo scontro in altre aree del Pianeta ma cercherà di mantenere posizioni conquistate e aree di influenza in Siria, Libia, Africa, Balcani, Asia centrale. Pechino potrebbe approfittare della debolezza relativa russa per sostituirsi a Mosca. Terzo, vi è il rischio di una corsa al riarmo nucleare. Con il trattato “Nuovo START” del 2010 le due superpotenze nucleari, Russia e Usa, si sono impegnate a limitare il numero delle testate strategiche a 1.550 ciascuna e allo scambio di informazioni sui loro spostamenti. Con la guerra in Ucraina e le minacce russe di ricorso alle armi atomiche, Washington e Mosca hanno interrotto lo scambio di informazioni. Si stima che la Cina, non legata da accordi di non-proliferazione, intenda raggiungere la parità con i due Grandi entro il 2035. Una possibile strategia di Washington potrebbe essere quella di raggiungere e mantenere la superiorità rispetto alla somma delle testate dei due avversari. Quarto, le ambizioni neo-ottomane e la spregiudicatezza del presidente turco Erdogan fanno di Ankara un soggetto indisponibile a prendere ordini da Washington e determinato a tenersi le mani libere in tutti i dossier. L’intesa Erdogan-Putin, visivamente rappresentata dai ricorrenti incontri tra i due leader compreso quello del 4 settembre, ne è la prova.

 

 

Quanto all’Italia, il disimpegno americano dal Mediterraneo ha schiuso spazi che sono stati parzialmente riempiti: da Russia e Turchia in Libia, Africa e Balcani; dalla Cina nell’Africa sub-sahariana; addirittura dalla nostra alleata Croazia attraverso l’iniziativa Trimarium con i Paesi dell’Europa centro-orientale, benedetta da Washington, per il presidio dell’Adriatico e da cui Roma è stata esclusa. L’attivismo del governo Meloni si propone di restituire all’Italia il suo ruolo naturale di perno tra Europa e Mediterraneo e tra Ovest e Est. La partecipazione italiana alla prossima missione aeronavale a guida americana nell’Indopacifico e la probabile uscita dall’accordo con la Cina eliminano ogni ambiguità sulla fedeltà di Roma all’alleanza con Washington. Le contropartite che l’Italia potrà ottenere dipendono non solo dalla disponibilità degli Usa ma anche dal nostro coraggio.

 

Dai blog