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Ruby ter, gli errori abnormi nel processo a Berlusconi

Benedetta Frucci
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L’assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo Ruby Ter merita una riflessione approfondita per tante ragioni. La prima, sconcertante, riguarda la durata di quello che è definibile come un vero e proprio calvario. È accettabile in una democrazia liberale che un episodio, certamente discutibile ma riguardante la sfera privata, possa meritare 12 anni fra indagini e ben tre filoni processuali? Cosa sarebbe avvenuto se, al posto di Silvio Berlusconi, si fosse trovato coinvolto un politico che non aveva la stessa disponibilità economica per pagare i migliori legali? La seconda, investe direttamente il ruolo istituzionale e politico di Silvio Berlusconi. Evitando qui il giudizio morale che non spetta certo a noi esprimere e che varia a seconda le convinzioni personali di ognuno di noi - e il diritto non può e non deve in alcun modo esserne influenzato - è un fatto che il caso Ruby e i processi scaturiti da esso siano costati cari all’Italia dal punto di vista internazionale e, al tempo stesso, abbiano contribuito a indebolire la figura del Premier. Pagherà mai nessuno per tutto questo? La risposta, se avesse riguardato politici, ingegneri, medici, sarebbe stata positiva. E però, riguarda l’unica categoria, i magistrati, che non paga mai per i suoi errori. Anzi.

 

 

Capita pure che, nonostante o grazie agli errori, faccia carriera. La terza questione riguarda più nel dettaglio il processo Ruby ter. Un processo nato, in buona sostanza, perché i pm, scocciati dal fatto che i testimoni non confermassero i loro teoremi, hanno deciso che quei testimoni mentivano. Una ricostruzione per nulla esagerata, che pone da sola seri dubbi sull’imparzialità delle procure. La quarta questione, coinvolge la stampa e l’opinione pubblica del Paese. Berlusconi è stato assolto per un motivo enorme che avrebbe dovuto far gridare tutta la politica e il giornalismo allo scandalo: gli imputati sono stati sentiti come testimoni. Senza quindi le garanzie che la legge assegna all’imputato. Vale a dire, per esempio, senza l’assistenza di un legale. Ecco, questa violazione gravissima dei diritti costituzionalmente garantiti, è stata ridotta dalla stampa di sinistra a «cavillo».

 

 

Come se il dettato costituzionale fosse un dettaglio trascurabile. La verità è che per un certo mondo è difficilissimo ammettere che per decenni hanno contribuito a costruire una narrativa che si è sciolta come neve al sole. Il modo con cui si sono arrampicati sugli specchi di fronte a quell’assoluzione dimostra quanto siano orfani dell’antiberlusconismo. È come se, mi perdonerete il paragone azzardato, fosse per loro crollato nuovamente il muro di Berlino.

 

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