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Finalmente è arrivata l'ora dell'Italia: basta con le fazioni

Mario Benedetto
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È scoccata con la nascita di un nuovo Governo, che si in insedia in uno dei momenti storici più difficili della nostra Repubblica. Lo fa con obiettivi chiari e ambiziosi, sottolineati dalle parole del Premier Meloni in occasione del voto di fiducia alla Camera e ieri al Senato. La fiducia, con i voti di consenso e di dissenso, è arrivata rispetto a idee e linee programmatiche ben chiare. Adesso c’è il lavoro da fare e nell’attesa, credo, noi tutti dobbiamo intenderci su alcuni aspetti chiave. Partiamo dalla sostanza di queste idee e non dall’importanza dei nomi con cui vengono indicate all’interno di un programma, al momento attraverso i ministeri che politicamente le incarnano. Specialmente se tutto ciò che il dibattito produce è ideologica divisiva, asfittica e neppure di qualche qualità. Perché sinceramente sul «merito», per fare un esempio, credo di ci sia davvero poco da dire, a meno di non voler risultare contestatori e promotori di battaglie di dubbio senso e, se possibile, anche e persino di minore utilità. Non è l’ora delle fazioni, è l’ora dell’Italia.

 

 

E per destinare al suo futuro, al nostro, ogni migliore prospettiva bisogna iniziare proprio capitalizzando le energie, non disperdendole in discussioni come quella appena citata, di natura tribale per il sapore più che altro sensazionalistico e «di pancia» che danno tutta l’impressione di avere. È l’ora dell’Italia se, riuniti attorno alle idee, ragioniamo, ciascuno nei suoi legittimi ruoli, ma a favore di obiettivi comuni. È necessario intendersi su questo, non è mai abbastanza ripeterlo. Il caro bollette e l’indipendenza energetica, per citare un paio di note priorità, non sono questioni della maggioranza e dell’opposizione: sono questioni degli italiani. E le Camere in cui i loro rappresentanti sono riuniti sono quel microcosmo in cui ognuno di questi interessi va rappresentato, per l’appunto: con tutte le diversità esistenti, ma nell’univocità degli interessi. E le crisi in corso stanno aiutando, anche nel caso delle culture (politiche) più resistenti all’idea di sviluppo e bene comune, a renderli sempre più chiari e universali.

 

 

È per questo che alcuni cardini del discorso del Premier diventano oggetto di giusto dibattito, per carità, ma non di dispute che superino limiti come quello dell’interesse generale: le risposte alle famiglie e alle imprese che chiedono aiuto, l’indipendenza energetica che passi anche dal Sud come nuovo «hub» e non rappresenti solo uno spostamento di asse dalla Russia ad altri paesi come la Cina (da prendere altrettanto con «le pinze»), il recupero di risorse dalle pieghe del bilancio e dai ricavi dello Stato, la lotta alla speculazione. Il contribuito di idee diverse rende esse stesse utili se in grado di proporre visioni alternative rispetto a percorsi e ricette, ma se al contempo riconoscono come «prodotto» quello che è innegabilmente l’interesse comune. E basta il buon senso a dirci che si tratta degli aspetti appena elencati, della vita di tutti i giorni, degli italiani. È l’ora dell’Italia.

 

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