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Paragone all'assalto: i soldi per le armi ci sono, per le bollette no

Gianluigi Paragone
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Non ci sarà bisogno di fare altri giri in parlamento perché l'ultima volta il governo ottenne proprio dall'aula che in caso di nuovi decreti per l'acquisto e l'invio di armi non ci sarebbe stato bisogno di votazioni né di confronti. Insomma, quel che decide il governo viaggerà spedito in nome dell'emergenza e della solidarietà con l'Ucraina, per cui abbiamo appena stanziato 700 milioni da destinare all'interno del «programma di assistenza macro finanziaria eccezionale» come previsto nel decreto aiuti.

 

Così, proprio nella settimana del santo patrono d'Italia, l'uomo della provvidenza laica licenzierà il quinto decreto per acquistare non si sa da chi- e rifornire nuove armi da donare al presidente ucraino in odor di Nobel perla Pace: in altre parole san Francesco si troverà schiacciato tra Draghi e Zelensky. Il santo simbolo della pace, dell'infinitamente piccolo, dell'essenzialità e della povertà come arma ultima da sbattere in faccia ai potenti, sarà giubilato per fare posto alla resistenza armata, al dialogo delle bombe e dei conflitti a fuoco perché c'è pericolo di un conflitto. Nucleare. Normale? A quanto pare sì visto che per le armi i soldi e le intese si trovano al volo, mentre per far fronte ai rincari proibitivi dell'energia aldilà di grandi giri di parole non si va.

 

Sono mesi che assistiamo prima alle speculazioni dei top player dell'energia, poi alle grandi trattative sul tetto al prezzo del gas e infine alla rassegnazione per cui chi fa da sé fa... meglio, come dimostra la Germania. E in Italia? In Italia si va avanti a chiacchiere perché bisogna salvare il popolo ucraino dal despota russo anche a costo di far saltare gli italiani. Perché questo è quel che accadrà a breve: gli italiani staranno sempre peggio, visto che ai costi proibitivi del gas andrà aggiunto il carico dell'elettricità con cui ancora dobbiamo fare i conti. Dagli artigiani ai comparti più pesanti come l'acciaio o i cementifici, dagli studi professionali al domestico, dalle strutture alberghiere ai centri sportivi, dal commercio alla ristorazione, il prossimo semestre sarà un campo di battaglia, ma appunto- il governo Draghi ha girato abbondantemente a vuoto, tra price cap e vigili attese sugli speculatori, inclusi i consigli della sora Cingolani sul risparmio energetico.

Non è possibile che la famigerata Europa, a cui abbiamo donato sangue senza ricevere nulla in cambio, non abbia soluzioni vere, soluzioni che cittadini e imprenditori possano toccare con mano. Da qui la nostra sfida agli europeisti: la Bce faccia un quantitative easing tutto a sostegno dell'energia, avvii immediatamente un «whatever it takes» illimitato senza che finisca sul conto degli Stati. Crei debito e lo annulli. È l'unico modo - finché stiamo in Europa - per dare adesso quella risposta che i cittadini attendono. Altrimenti lo faccia l'Italia per un importo non inferiore a quello della Germania, senza che qualcuno chieda «compiti a casa» come contropartita. Non va bene nemmeno questo?

 

Allora, il nostro sì alle sanzioni diventa un no; ci ritagliamo un ruolo neutrale e andiamo a rinegoziare con Putin il gas che ci serve (tanto prima o poi lo farà qualcun altro e noi resteremo al palo, senza gas e senza ruolo). Le bollette arrivano puntuali ogni mese e non si può pensare di discutere di price cap, rigassificatori, energie alternative in attesa che arrivi Godot. Il tetto al prezzo del gas non si può fare quando la materia scarseggia (perché i competenti hanno deciso di proseguire sulla linea delle sanzioni: il gas in Russia c'è eccome visto che solo il giacimento di Yamal ha riserve per 48mila miliardi di metri cubi) e la stagione più dura si avvicina. In inverno i russi hanno fatto capitolare Napoleone e Hitler: se la storia resta ancora maestra di vita, eviterei di commettere sempre gli stessi errori soprattutto se è vero com' è vero che eliminato Putin, la Russia non piegherà mai la testa come nel volere della Casa Bianca. Pertanto evitiamo di comprare altre armi e iniziamo a pensare davvero a come uscire, anche a costo di riconoscere al Cremlino un pezzo di vittoria. Più ci spingiamo oltre e peggio sarà. Ps. Torno a ribadire che la dipendenza italiana europea dal gas russo non è arrivata per caso o perché Putin ci avesse puntato la pistola alla tempia; è stata piuttosto una scelta negoziale: tanto gas apoco prezzo. Orala situazione è opposta: poco gas a prezzi elevati. Chi paga?

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