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Pd, si è già spento tra gli imbarazzi e gaffe il sol dell'avvenire del partito di Letta

Riccardo Mazzoni
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Gli under 35 scelti da Letta come capilista erano, in tutta evidenza, il tentativo propagandistico di dare una verniciata di rinnovamento al partito nella speranza di mascherare la realtà del solito suk correntizio aggravato dalle vendette consumate nei confronti dell'ala ex renziana. Un esperimento fallito sul nascere a causa degli incidenti di percorso in cui sono incappati tre dei quattro alfieri del nuovo corso, tra rigurgiti antisemiti e nostalgie della Rivoluzione d'Ottobre. Ma sarebbe troppo facile (e anche superficiale) addossare tutte le responsabilità a un segretario in totale confusione, anche se è legittimo dire che non ne sta azzeccando una e chiedergli dove mai sia andato a pescarli.

 

È proprio questo il punto: se le migliori avanguardie della nuova generazione piddina o non conoscono la storia, ignorando perfino che antisonismo e antisemitismo sono due categorie tragicamente equivalenti, o - peggio ancora - l'hanno studiata con gli occhi velati dall'ideologia, significa che il retroterra politico e culturale in cui sono cresciuti non è molto diverso da quello di mezzo secolo fa. E che nulla o quasi li distingue dai giovani della Fgci che all'inizio degli anni '80 sfilavano nelle piazze italiane per protestare contro l'installazione nelle basi italiane dei missili Cruise e Pershing in risposta agli SS20 che Breznev aveva puntato contro le capitali europee. I futuri leader della sinistra erano schierati senza ritegno a fianco dell'imperialismo sovietico, sulle orme dei partigiani della pace, ma allora c'era la guerra fredda e loro erano irregimentati nel Pci, un partito unito a Mosca da "un profondo, fraterno e schietto rapporto" e foraggiato fino alla caduta del Muro di Berlino dai finanziamenti sovietici.

 

Ora a guidare la sinistra c'è il Partito Democratico, nato sotto il segno di molte contraddizioni irrisolte, tanto che un vecchio saggio come Emanuele Macaluso definì la sua Carta fondativa come "il nulla mescolato col nulla", e il suo percorso politico non ha risolto né la questione riformista né la recisione dei legami col massimalismo antioccidentale e anti-israeliano.
È questo il motivo per cui l'atlantismo di Letta non ha avuto esitazioni a mischiarsi per convenienza elettorale con formazioni anti-Nato nel momento in cui il neoespansionismo delle autocrazie richiederebbe il massimo rigore nella scelta degli alleati. Il problema esistenziale del Pd deriva dal fatto che la sinistra ex comunista in Italia ha cambiato molti nomi ma non ha mai cambiato cultura. Questa mancanza di coraggio nel fare i conti con la propria storia alla fine ha finito per rafforzare le componenti che, pur non dichiarandosi più comuniste, continuano a comportarsi con la stessa vocazione egemonica e la stessa pretesa di superiorità morale, mantenendo l'istinto della conquista del potere come ultima forma della propria identità. E' una cultura che alimenta l'odio politico e immette nel tessuto civile del Paese il veleno della divisione e dell'invidia sociale.

 

È questo il retroterra in cui sono cresciuti i ragazzi nati con la seconda Repubblica e allevati nella giostra dei girotondi, senza un'autentica scuola riformista ma nella culla di un partito malato di governismo, che orali coopta come classe dirigente e come simboli di un rinnovamento posticcio. E' desolante la cifra politica di questi epigoni dei peggiori retaggi della sinistra, che avrebbero molto da imparare dall'eredità di un ultranovantenne come Macaluso, molto più giovane di loro nella modernità del pensiero. Se dovevano essere il sol dell'avvenire del Pd, insomma, è un sole che si è  già spento.

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