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La bella Italia del 112e le tante nonne Pina

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La telefonata tra un'anziana e un'operatrice è la prova che possiamo farcela

Franco Bechis
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L'altra mattina prima di venire al lavoro mi è cascato il telefonino dalla tasca della giacca. Quando l'ho raccolto era bloccato e c'era una scritta: “Telefonata di emergenza”, e ho drammaticamente visto che stava partendo una telefonata al 112. Ho pigiato di tutto per fermare l'azione, ma la telefonata è partita. In un secondo hanno risposto, e io facendo finta di nulla sono riuscito a chiudere la comunicazione. Dopo un secondo mi squillava il telefono da numero anonimo. Era proprio il 112: “Ha chiamato un'emergenza? Si sente male?...”. Vergognandomi un po' ho spiegato il piccolo incidente e mi sono scusato: “ma no”, mi ha risposto la signorina, “meglio così, che stia bene. Sa, di questi tempi...”. Piccola esperienza, ma di un servizio di emergenza- oggi impegnato in gran parte sul coronavirus – rapidissimo ed efficiente. Mi sono vergognato pure di avere avuto la tentazione di metterlo alla prova in questi giorni da giornalista, fingendomi malato, anche per verificare quanto in qualche mail e in messaggi sui social veniva detto abitualmente, e cioè che non rispondeva nessuno. Nel mio caso fortuito non è stato così. Ma la vergogna di quella tentazione è stata ancora superiore quando la stessa sera ho visto su Quarto grado (Rete 4) un servizio che merita di essere raccontato. La trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi è entrata nella sala operativa del 112 in Lombardia e ha mandato in onda le telefonate (e le risposte ottenute) che arrivavano da gente comune proprio sui timori di coronavirus. C'erano telefonate legittimamente preoccupate, come quella di una ragazza che aveva appena saputo della positività al virus del proprio fidanzato, o quella di un signore che raccontava una cena di qualche giorno prima con un collega poi risultato infetto. Gli operatori hanno spiegato che dovevano stare in isolamento, rispondendo con pazienza anche a domande che non avevano più senso (“Ma uscire un po' posso?”). Stessa calma e abilità nello smistare a una ostetrica che era al centro di raccolta delle chiamate le preoccupazioni di una puerpera che col coronavirus non c'entrava proprio nulla. Ma è stato con un'altra telefonata che sono proprio rimasto affascinato da questi angeli in ascolto sul coronavirus. E' un po' lunghetta, ma la riporto integrale proprio per fare capire. Da un capo del filo una signora anziana ansimante, che chiameremo con nome di fantasia “Nonna Pina”. Dall'altra una operatrice del 112, che nel dialogo indicherò come “dottoressa”. Ecco la telefonata: Nonna Pina: “Senta, io... (fiatone)”. Dottoressa: “Tranquilla, signora, tranquilla”. Nonna Pina: “Mi viene l'ansia... Dunque, senta. Io da ieri ho la tosse”. Dottoressa: “Sì”. Nonna Pina: “... Ho proprio la tosse da ieri... E guardi.. insomma, io sono un po' anziana...”. Dottoressa: “Stia tranquilla, signora, stia tranquilla... Mi spieghi bene”. Nonna Pina (agitata): “No, tranquilla, no tranquilla. No, no, no, perché guardi, mi hanno detto che... Il portinaio mi ha detto che la signora del terzo piano, la signora (ansimante) c'ha il figlio a Codogno!”. Dottoressa: “Mi ascolti un attimino, lei si sente qualcosa? Sta bene?”. Nonna Pina: “No, la tosse, la tosse”. Dottoressa: “Ha solo la tosse?”. Nonna Pina: “Eh, no! Solo! Ho la tosse, ma sono al quarto piano, è proprio sotto me... Un'amica mi ha detto... che passa dagli scarichi”. Dottoressa: “Di solito le capita, magari anche gli altri anni, di avere un po' di tosse?” Nonna Pina: “Ah, tutti gli anni... Tutti gli anni io faccio l'influenza... Però c'è il coronavirus adesso, eh! Io l'ho vista in ascensore venerdì la signora. Io sono salita sull'ascensore, e lei andava al terzo e io su al quarto e eravamo insieme in ascensore, perché è piccolo l'ascensore...”. Dottoressa: “E secondo lei quanto tempo siete rimaste in ascensore insieme?” Nonna Pina: “E' un po' lento l'ascensore nostro, è vecchio, basta poco, il virus m'han detto che vola...”. Dottoressa: “Vi siete salutate? Magari vi siete abbracciate?” Nonna Pina: “No, no. Non mi è neanche simpatica quella lì”. Dottoressa: “Ma invece quando poi è andata a casa si è lavata le mani?”. Nonna Pina: (decisa): “Sempre! Sempre, io mi lavo sempre le mani quando torno a casa...”. Dottoressa: “E' una cosa buona...” Nonna Pina: “...Se mi sono lavata le mani dopo avere toccato la tastiera dell'ascensore dovrei essere tranquilla?”. Dottoressa: “Sì, sì, assolutamente”. Nonna Pina (liberata): “Ma no, ma grazie, grazie!...”. Dottoressa: “Eh, sì, questo è importante...”. Nonna Pina (liberata da un incubo): “E' importante questo, che mi sono lavata le mani. Ma sa che questa cosa che mi sono lavata le mani m'ha messo più tranquilla adesso...”. Ecco, questo meraviglioso dialogo con un'operatrice che usa anche nell'emergenza, anche in trincea fra mille telefonate, tutta la pazienza del mondo e poi riesce a risolvere meravigliosamente tutto con quella provvidenziale lavata di mani, è lo specchio più reale di questi giorni di Italia. Noi siamo fatti così, con migliaia di nonne Pina di cui non sembra tenere conto nessuno di quelli che stanno lassù ai ponti di comando a diramare istruzioni sulla crisi sanitaria. Ma siamo uno splendido paese ache ha pure gli anticorpi alle paure delle nonne Pina. Perché fortunatamente abbiamo anche migliaia di angeli come quelle dottoresse lì del 112 che dobbiamo ringraziare davvero di cuore.

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