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Apre alla stazione Termini di Roma il Mercato Centrale

Damiana Verucci
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È un mercato che sposa il concetto di qualità unita alla tradizione, dove si acquista ma soprattutto si gusta, si parla con l'artigiano che sta dietro il banco mentre affetta un etto di prosciutto, frigge una carciofo alla romana, riempie un Trapizzino. Il nuovo Mercato Centrale Roma apre nel quartiere Esquilino, accanto alla stazione Termini, dopo il successo di quello di Firenze che fa numeri e fatturato da vero business. È un nuovo modo di presentare i prodotti alimentari e invogliare il consumatore all'acquisto in un momento di crisi nera per tutti o quasi i settori produttivi, purtroppo anche per l'alimentare ad eccezione di chi cerca di distinguersi. Il mercato tradizionale non tira più a Roma e ha perso quella tipicità di un tempo, complice una società in continua evoluzione. Diversamente, quando parli di «campagna amica», di «prodotti a chilometro zero», i numeri sono differenti per- ché il consumatore ha la sensazione di acquistare un prodotto genuino, della terra. Il supermercato, invece, è comodo e osserva orari prolungati: per questo è scelto sempre più spesso per la velocità dell'acquisto più che per la qualità. Niente di tutto questo si trova al Mercato Centrale appena inaugurato. Non c'è fretta mentre si gira tra i banchi ma piuttosto stupore per quello che si vede e che in giro si è un po' perso. Ricorda Eataly, ma non lo copia. Ci sono nomi importanti dietro ai vari stand ma sono nomi di artigiani che fanno della qualità e della tracciabilità dei prodotti la loro unicità. Così il pane e le focacce di Gabriele Bonci, la carne e i salumi di Roberto Liberati, i famosi Trapizzini, sfiziosi angoli di pizza riempiti dalla tradizione culinaria romana e ideati da Stefano Gallicari. Tutti romani doc, tutti pronti ad affettare, tagliare, far assaggiare e infine servire tra un anziano che sorride, un ragazzo che si stupisce, una signora che chiacchiera del più e del meno. Ma non si ha l'impressione di una macchi- na messa in piedi solo per fare sol- di. Piuttosto di un luogo che cerca di far parlare del cibo in un modo nuovo, ma anche di un luogo messo lì per aggregare. Non a caso a Termini, non a caso nel quartiere multietnico dell'Esquilino, un po' abbandonato e lasciato a se stesso. Come se il Mercato potesse portare proprio lì una luce nuova. La condivisione, altro concetto fondamentale della struttura di via Giolitti, si riscontra anche nel design, curato dallo studio Q-bic di Firenze dei fratelli Luca e Marco Baldini. Lo sviluppo degli spazi è pensato in modo da non nascondere nulla e anche i materiali, legno, ferro, resina, sono quelli dei mercati tradizionali. Diversa è però la superficie sulla quale si sviluppa il progetto, ben 1900 metri quadrati e 500 posti a sedere che ospitano le 15 botteghe artigiane, loro sì vere protagoniste della struttura perché bene in vista, posizionate intorno alla Cappa sotto alla quale ci sono i bar. Ma anche i bar non sono lasciati al caso. Non deve esserci fretta neanche quando si gusta il caffè. Sono state scelte le miscele monorigine e beld di Franco Mondi di MondiCaffè, importante realtà romana che dà va- lore alla tradizione del caffè all'italiana, intesa come consumo di gusto. La miscela creata è esclusiva per questo posto e per i cultori dell'oro nero. Il leitmotiv si ripete: nulla è lasciato al caso. Non manca al primo pino il ristorante guidato dallo chef Oliver Glowig, che per il Mercato Centrale ha scelto la cucina romanesca e non poteva essere altrimenti. Il ristorante è però staccato e diviso da tutto il resto perché ancora una volta si lascia agli artigiani l'onore e l'onore di accogliere il pubblico, che varca l'ingresso al piano terra.

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