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di DINA D'ISA Da «Margherita e i tre» (1942) e «I pompieri di Viggiù» (1949) a «Hannibal Lecter - Le origini del male» (2007) non si è mai fermato realizzando circa 600 film e dominando il cinema italiano del dopoguerra, da vero e proprio tycoon, p

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DeMille italiano»: in 60 anni di carriera ha ricevuto 33 candidature e più di 59 premi internazionali, tra cui (il 25 marzo 2001) l'Oscar alla carriera. A Beverly Hills, dove si era trasferito ultra-cinquantenne in lotta con un'Italia che metteva paletti burocratici e fiscali alla sua vocazione da produttore, Dino si era portato dietro tutte le tradizioni di casa. L'amore per la famiglia, per la cucina napoletana (tanto da mettere su una catena di ristoranti in Usa), il rito della messa domenicale, compreso il barbiere Vincenzo, la cuoca Concetta e la segretaria Liliana. Nonostante qualche sporadico tentativo di rimettere in piedi alle porte di Roma gli stabilimenti di Dinocittà, non tornò mai in Italia, se non per gli amici, per mangiare bene e trascorrere le vacanze a Capri. Celebri le sue tavolate (fino a cento persone) organizzate soprattutto per le grandi ricorrenze (il suo compleanno (l'8 agosto) e il Natale. Sono dozzine i capolavori prodotti nella sua carriera: da «La strada» a «Le notti di Cabiria» di Fellini, passando per «La grande guerra» di Monicelli, «King Kong» con Jessica Lange, fino a «Serpico» di Lumet, «I tre giorni del Condor» di Pollack, «Hannibal» di Ridley Scott e tanti altri ancora. Tra alti (molti) e bassi (pochi ma significativi), sfiorò la bancarotta negli anni '80, senza però mai darsi per vinto. Dino, il patriarca, ha guidato la dinastia De Laurentiis di Torre Annunziata, dalle origini umili (il padre era un pastaio) fino alla fama. Negli anni '50 e '60 con l'amico-rivale Carlo Ponti (con cui aveva fondato la Safir) e con Goffredo Lombardo aveva rivoluzionato il cinema italiano, dandogli lustro e gloria internazionale. Con lui lavorò anche il fratello Luigi (che aveva la passione per l'editoria) che, quando Dino si trasferì in America, fondò con il figlio Aurelio la Auro (oggi Filmauro). La sua intraprendenza era accesa fin dal dopoguerra, quando con Leo Longanesi e Mario Soldati andò nella Sicilia liberata con un peschereccio, per caricarlo di derrate alimentari da rivendere poi alla borsa nera del mercato di Napoli. S'innamorò di Silvana Mangano (17 anni Miss Roma) nel '47, vedendola sui manifesti pubblicitari della Dc e la immortalò in «Riso amaro» di De Santis come icona della mondina sexy, con tanto di calze nere a metà coscia. La sposò nel '49 ed ebbe 4 figli, ma la morte del prediletto figlio maschio Federico (precipitato con l'aereo a 26 anni)) fece cadere la bellissima Mangano in una profonda depressione. Solo quando a casa arrivava Alberto Sordi - raccontano i figli - la diva si illuminava tirando fuori tutta la sua vena umoristica. Nell'83, Dino si separò dalla Mangano che andò a vivere con la figlia minore a Madrid, dove morì di cancro nell'89. Ai suoi funerali De Laurentiis non andò su richiesta dei figli, perché sarebbe stato per tutti troppo doloroso. Ma l'indomabile Dino si sposò ancora una volta, nel '90 con la bionda Martha Schumacher, 35 anni più giovane di lui: da lei ha avuto altre due figlie, Carolyna e Dina, con loro ha condiviso il lavoro e la vita dei suoi ultimi anni. Restano famosi gli scontri avuti sul set, a causa di divergenze creative, con David Lynch per «Dune», come famosi sono i registi americani che - prima dello sbarco di Dino negli Stati Uniti - convinse a girare in Italia, a Cinecittà: da King Vidor per «Guerra E Pace» (1956) a John Huston per il leggendario kolossal «La Bibbia» (1966).

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