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Trump sospende i dazi a chi non vara contromisure. Pugno duro con la Cina

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Pausa di 90 giorni ai dazi reciproci, con un'aliquota solamente del 10%, per gli "oltre 75 Paesi" che hanno contattato gli Stati Uniti e che non hanno risposto alle tariffe Usa, mentre per i prodotti provenienti dalla Cina salgono "con effetto immediato" al 125%, in un'ulteriore escalation della guerra commerciale in corso con Pechino. Donald Trump torna a sferzare i mercati globali, dopo i dazi entrati in vigore alla mezzanotte di martedì con aliquote del 104% sui prodotti provenienti dalla Cina, del 20% sull'Unione europea, del 24% sul Giappone e del 25% sulla Corea del Sud. Solo per elencare i principali bersagli della guerra commerciale scatenata dal presidente Usa. Pechino ha risposto con un ulteriore aumento all'84% delle tariffe sui beni provenienti dagli Stati Uniti. Bruxelles, dopo giorni di cautela, ha deciso di introdurre in tre fasi, a partire dal 15 aprile, tariffe del 25% su una vasta gamma di prodotti made in Usa. Misure, ha chiarito la Commissione europea, che potranno essere sospese se gli Stati Uniti accetteranno "una soluzione negoziata equa ed equilibrata". Trump, "considerando che oltre 75 Paesi hanno convocato rappresentanti degli Stati Uniti" per negoziare una soluzione, da una parte, e "la mancanza di rispetto dimostrata dalla Cina", dall'altra, ha annunciato sul suo social Truth le nuove decisioni. "A un certo punto, auspicabilmente nel prossimo futuro, la Cina si renderà conto che i tempi in cui si continuava a derubare gli Stati Uniti e altri Paesi non sono più sostenibili né accettabili", ha rimarcato il tycoon.

Se i rapporti con il Dragone sono sempre più polarizzati, Trump tende invece una mano verso chi cerca un dialogo con gli Usa, dopo le parole aspre usate parlando a Washington ai deputati repubblicani. "I Paesi mi chiamano e mi leccano il culo. Muoiono per fare accordi", ha rimarcato il tycoon in un'escalation di toni che, se da un lato punta a rassicurare il suo partito e il suo elettorato, dall'altro avrebbe rischiato di aumentare le tensioni sui mercati e con i partner commerciali dell'America. Il "probabile risultato" della guerra commerciale scatenata da Trump sarà una recessione, ha previsto il ceo di JPMorgan Chase, Jamie Dimon, che già nei giorni scorsi, in una lettera agli investitori, aveva avanzato questa ipotesi. "I mercati non hanno sempre ragione, ma a volte sì", ha detto Dimon in un'intervista a Fox Business. E se recessione sarà, "si spera che sia di breve durata". Quando si profila una recessione, gli investitori in genere si riversano sui titoli del Tesoro Usa come rifugio sicuro, considerando il governo federale una fonte di stabilità. Non questa volta. I prezzi dei titoli di Stato sono in calo, spingendo il tasso di interesse sui titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni al 4,39%, a dimostrazione del fatto che i mercati mondiali sono sempre più diffidenti nei confronti delle mosse di Trump. Il presidente Usa ha pubblicamente sfidato la situazione, mentre il mercato azionario si riprendeva leggermente e poi tornava in zona negativa durante le contrattazioni mattutine di mercoledì. Dopo l'annuncio della sospensione di 90 giorni, invece, Wall Street è decollata. Un segnale che potrebbe anche ricompattare l'Amministrazione americana. A cominciare da Elon Musk. Dopo lo scontro pubblico con Peter Navarro, consigliere commerciale di Trump e architetto del piano sui dazi - "È un cretino", ha scritto su X il miliardario -, Musk non ha ancora smentito il retroscena di Politico. Secondo le indiscrezioni, il boss di Tesla e SpaceX avrebbe tentato personalmente di convincere Trump a fare marcia indietro.

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