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Stoccata di Biden a Putin: cosa c'è dietro la tregua. I tre scenari della guerra

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Il presidente americano Joe Biden legge la tregua ordinata dal leader del Cremlino per i due giorni del Natale ortodosso - 6 e 7 gennaio - come mera occasione per consentire ai suoi soldati di rifiatare. Vladimir Putin "era pronto a bombardare ospedali, infermerie e chiese il 25 dicembre e a Capodanno", ha notato Biden aggiungendo: "Credo che stia cercando di prendere una boccata d’ossigeno". Per 36 ore dalle 12 del 6 gennaio alla mezzanotte del 7 gennaio le armi dovrebbero tacere. Il presidente russo ha ordinato al ministro della Difesa, Serghei Shoigu, di disporre una tregua con un cessate il fuoco lungo tutta la linea dei fronti in Ucraina, in coincidenza - evidenzia un comunicato del Cremlino - con le celebrazioni del Natale ortodosso. Nel gioco delle parti del regime era stato il Patriarca di Mosca, Kirill, a lanciare un appello per una tregua natalizia in modo che "gli ortodossi possano assistere alle funzioni della vigilia di Natale e del giorno della Natività di Cristo".

 

Appello subito raccolto di Putin. Come se il Patriarca moscovita si potesse permettere iniziative tali senza il consenso, o meglio l’imbeccata, del Cremlino. In attesa di una riposta ufficiale, Kiev ha inizialmente bollato la richiesta del primate e la tregua decisa da Putin come "una trappola cinica e di propagandistica". Ma è evidente dietro le cortine fumogene dei proclami bellici e dei bombardamenti contro le infrastrutture e la popolazione civile ucraina, qualcosa si sta muovendo a Mosca. Da una parte le trattative avviate dal Presidente turco Erdogan con Putin e Zelensky, dall’altra lo shock della strage delle reclute russe decimate dalla controffensiva missilistica di Kiev contro Makiivka, a 60 km da Bakhmut, epicentro degli scontri più accesi, stanno provocando al Cremlino un confronto fra oltranzisti e trattativisti. I primi guidati dall’ex Presidente Medvedev decisi a scatenare la guerra totale e perfino a utilizzare bombe atomiche tattiche, e l’ala realista - della quale farebbe parte il Ministro degli Esteri Lavrov - che si rende conto come l’inasprimento del conflitto, con la Russia isolata contro il resto del mondo determinerà una situazione insostenibile.

 

E Putin da che parte sta? È la domanda che rimbalza in queste ultime ore fra Kiev e le capitali occidentali. A quasi un anno dall’inizio di quel che ormai si può considerare a tutti gli effetti una fallita invasione, il settimanale inglese The Economist ha delineato tre scenari per l’epilogo della guerra. Il primo prevede la stabilizzazione invernale del fronte, l’avvio del riarmo della Russia per predisporre una nuova offensiva e il contemporaneo blocco al Congresso americano, col concorso dei repubblicani di Trump, del sostegno militare degli Stati Uniti all’Ucraina. Molto più probabile, scrive The Economist, il secondo scenario, quello dello stallo. Incapace di vincere la guerra sul campo di battaglia, Putin cerca di prolungarla tanto a lungo da minare non soltanto l’economia dell’Ucraina, ma anche quella europea, forse fino a tutto il 2024. Una scommessa ad alto rischio: l’opinione russa si potrebbe ribellare contro la guerra e l’economia russa rischia in ogni caso di implodere.

 

Anche se apparentemente, sulla carta, il terzo scenario è il più incoraggiante, forse - sostiene The Economist - potrebbe rivelarsi anche il più pericoloso. Se l’Ucraina dovesse infatti sbaragliare sul campo l’armata Russa e umiliare Mosca, Putin lancerebbe l’ultimatum: congelare i confini, senza la Crimea, oppure assumetevi la responsabilità del ricorso alle atomiche tattiche russe. 

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