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Che gran figli di Troika. Vendetta della Grecia contro la Merkel & Co: con un trucco trasferisce in altri Stati i profughi

Franco Bechis
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Il caso è scoppiato lo scorso primo di giugno, quando al vicepresidente della commissione europea, Margarits Schinas e al commissario per gli Affari interni Ylva Johansson è arriviata una piccatissima lettera inviata da Berlino e firmata da ministri dell'Interno, della Giustizia, degli affari Esteri e delle migrazioni di Germania, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Svizzera (che non fa parte dell'Unione europea, ma è paese aderente a Schengen). Paesi infuriati con la Grecia. Scrivono infatti i sei: “Da tempo osserviamo una tendenza ai movimenti secondari irregolari di migranti e richiedenti asilo all'interno dell'Europa, e in particolare dalla Grecia verso altri Stati membri dell'ovest e dell'Europa centrale”. E ancora: “ Dallo scorso anno abbiamo osservato un rapido aumento del fenomeno finora limitato per cui le persone che hanno ottenuto protezione internazionale in Grecia viaggiano con i loro documenti di viaggio greci per rifugiati e utilizzano il pretesto di viaggiare per motivi familiari o turistici per entrare negli stati membri sopra menzionati, dove depositano poi un'ulteriore domanda di asilo”.

 

 

Non si tratta di numeri banali: “Nella sola Repubblica federale di Germania”, scrivono i sei alla commissione Ue, “più di 17.000 persone beneficiarie di protezione internazionale in Grecia hanno presentato ulteriori domande di asilo dal luglio 2020. Le nostre agenzie di guardia di frontiera hanno raccolto informazioni che dimostrano che un'infrastruttura illegale è stata creata e utilizzata specificamente per consentire questi movimenti secondari”. Come si capisce Angela Merkel, Emanuel Macron e gli altri paesi ricchi dell'Europa centrale sono piuttosto irritati da questa improvvisa pioggia di profughi certificati dalla Grecia arrivati nei loro paesi come turisti e decisi a richiedere un a volta lì la protezione internazionale a cui per le norme della commissione hanno diritto. E hanno una gran voglia di metterli tutti sopra convogli speciali e rimandarli ad Atene e dintorni. Solo che i tribunali francesi, tedeschi, belgi, olandesi, svizzeri o lussemburghesi a cui i profughi immediatamente si rivolgono, impediscono di rispedirli in Grecia. Per un motivo molto semplice, che gli stessi ministri dei sei paesi spiegano nella loro lettera alla Commissione: “Il ritorno forzato viene ritenuto impossibile per il fatto che in Grecia la popolazione vive al di sotto degli standard minimi che bisogna assicurare ai richiedenti asilo secondo il regolamento di Dublino. Molti tribunali nazionali, basandosi su decisioni prese dalla Corte europea di giustizia, ritengono che la Grecia non sia in grado di assicurare che a queste persone sia data una sistemazione adeguata e dotata di mezzi finanziari per un livello minimo di sussistenza fisica secondo quanto stabilito dall'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'articolo 3 della Convenzione europea sui Diritti Umani”.

 

 

Fin qui il linguaggio chiaro ma per forza diplomatico dei ministri dei sei Paesi. Anche se poi la lettera non finisce in modo tanto paludato, perché si allude chiaramente ad “abusi e documenti di viaggio falsi forniti ai presunti rifugiati”. Allora uscendo dalla diplomazia abbiamo capito la straordinaria trovata che ha avuto il governo greco, dopo anni in cui chiedeva inutilmente aiuto all'Europa sui migranti. A tutti quelli che arrivavano sulle coste dell'Egeo, e che erano chiaramente immigrati economici clandestini provenienti da paesi dove non ci sono guerre o emergenze particolari, è stato con furbizia riconosciuto lo status di rifugiato. Accompagnato da un visto turistico di 90 giorni con cui i fortunati “profughi” potevano muoversi in libertà nei paesi dell'area di Schengen, dicendo magari di volere fare visita a un parente. Alle carovane di profughi pronti a fare i turisti in Europa deve essere stato aggiunto anche qualche legale piuttosto ferrato sulle norme di Dublino e sulle leggi europee. Perché appunto quando i profughi sono arrivati in Germania, Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Svizzera, hanno subito fatto domanda di un riconoscimento bis del loro status per potere rimanere nel paese dove arrivavano a spese di ognuno di quegli Stati ricchi. E sono stati assistiti in tribunale quando i governi di quei sei paesi hanno provato a fare muro, perdendo quelle cause. Dopo la lettera alla commissione Europea, è partito per un giro in ognuno di quei paesi e un incontro a Bruxelles con i commissari Ue il ministro greco delle politiche di immigrazione e asilo, Notis Mitarachi, che ha ascoltato con pazienza le loro lamentele allargando le braccia.

Quasi con sarcasmo Mitirachi ha spiegato ai suoi interlocutori che i verdetti dei tribunali dei loro paesi purtroppo erano ragionevoli. In effetti lo standard di vita medio in Grecia è al di sotto di quello che le leggi europee impongono di assicurare ai profughi. Ma il motivo dovrebbe essere ben noto a chi oggi si meraviglia: quelle condizioni di vita sono le conseguenze della Troika nominata proprio da Germania, Francia, Olanda e paesi ricchi dell'Europa centrale che ha imposto alla Grecia ristrettezze economiche pesantissime. Ora il paese non è in grado di assicurare ai profughi quel che non può essere concesso ai cittadini greci. Ed è per questo stesso motivo da respingere la proposta fatta dai sei Paesi alla commissione: “paghiamo noi le loro case e il loro stipendio in Grecia a patto che la Ue ci consenta di riportarli lì”. Il ministro greco ha fatto presente ai suoi colleghi e ai vertici della commissione che una soluzione di questo tipo avrebbe provocato pesanti ingiustizie e disparità fra profughi e greci, con inimmaginabili tensioni sociali. Così i ricchi d'Europa sono costretti a tenersi quei falsi profughi mandando giù il boccone amaro. E bravi i greci, che hanno messo nel sacco Merkel, Macron e compagnia, invece di farsi prendere in giro da loro come sta capitando all'Italia. Forse è il caso che Mario Draghi voli subito ad Atene a chiedere umilmente una consulenza...

 

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