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Germania, fa causa alla banca per discriminazione linguistica. Il giudice le dà torto

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Se a Berlino vince il buon senso negli Usa le leggi di natura diventano reato

Pietro De Leo
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Esiste un giudice a Berlino, quanto meno contro la jihad del politicamente corretto che genera mostri. Sì, perché nella Germania che nel Capodanno 2016 subì il taharrush gamea, la molestia di massa di immigrati musulmani contro donne europee, l'“eroismo femminista” lo si ritrova nell'iniziativa dell'attivista Marlies Kraemer, che ha portato in Tribunale la sua banca, colpevole secondo lei di non aver inserito nei propri moduli espressioni declinate al femminile come “intestatario del conto”, lasciando tutto al maschile. Tuttavia, la Corte Federale ha stabilito che non esiste alcuna discriminazione nella prassi utilizzata dall'istituto di credito. E così, almeno una volta, viene arginata la follia del dogmatismo di genere che, calpestando storia, tradizione linguistica e musicalità delle parole, vuole infilare la grammatica nell'oscuro tunnel di una distinzione linguistica di genere come tutela burocratica dei diritti della donna. Già si è portata avanti, qui in Italia Valeria Fedeli, ministro dell'Istruzione, con le sue linee guida presentate qualche giorno fa che introducono, nei documenti ufficiali dell'amministrazione scolastica, proprio il “linguaggio di genere”. Ma non è niente in confronto a ciò che sta avvenendo qui e là per il mondo. Tipo negli Stati Uniti, dove una vicenda dimostra come, tra un po', accanto alla lotta delle femministe ci sarà quella dei neutristi. L'università del Wisconsin – Madison ha predisposto le iscrizioni per il campo musicale estivo per bambini di undici anni. Ebbene, nei moduli, nelle voci in cui è presente un riferimento al sesso dell'alunno, accanto ai pronomi maschili e femminile c'è possibilità di scegliere anche quelli neutri, “zie-zirs”, che non significa niente ed è il prodotto di fabbrica del neo linguaggio artificiale che legittima il genere. Chissà quale sarà il rovello esistenziale dei piccoli undicenni al momento dell'iscrizione, e chissà se magari, a lezione in corso, verrà data possibilità ai pargoletti di cambiare scelta, considerando che, assieme all'idolatria della “pluralità di genere”, si sta facendo largo anche il riconoscimento della “sessualità liquida”. E guai per chi sgarra, nell'Impero del nazibuonismo. Lo sa bene uno studente dell'Indiana University of Pennsylvania. Come riportato da Fox News, il giovane è stato espulso da un corso sul cristianesimo per aver osato sostenere, rispondendo ad una domanda della sua docente, che i sessi sono due, maschile e femminile. Non solo, il ragazzo, ormai prossimo a conseguire il proprio titolo di studio, è stato deferito anche all'Academic Integrity Board, un organismo che si occupa di valutare questioni disciplinari riguardanti la vita accademica. La sua docente, infatti, in una documentata relazione scritta, gli ha imputato una “obiezione irrispettosa” e di non aver rispettato il proprio turno nel prendere la parola. Dunque, ora, lo sventurato “andrà a processo”. E così nel mondo del politicamente corretto, ben incuneato nei gangli dei sistemi formativi, rivendicare le leggi di natura diventa addirittura un reato.

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