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Prove di allarme spread: sale senza sosta e le tensioni non si placano

Filippo Caleri
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Gli speculatori, quelli che portarono lo spread (la differenza tra il tasso del Bund tedesco e il Btp italiano) oltre i 600 punti nel 2011, sono ancora alla finestra. Ma che i prezzi dei titoli sul mercato secondario, cioè negli scambi tra le banche, siano di nuovo in tensione è un fatto ormai acquisito. E l'allarme spread torna a farsi sentire. Questa volta non è sotto tiro il governo italiano, durante la crisi dello spread Berlusconi fu messo nel mirino, ma un effetto dei cambiamenti della politica monetaria della Banca centrale europea. Si sta infatti per esaurire il programma di acquisto di debito italiano da parte di Eurotower iniziato durante la pandemia denominato «Pepp». L'impegno terminerà a marzo. Mancherà così un importante acquirente di carta finanziaria della repubblica Italiana. La stretta in arrivo rende evidente che gli acquisti che hanno calmierato lo spread si ridurrebbero a zero nel 2023. Non è una ritirata definitiva perché la Bce continuerà «almeno fino a tutto il 2024» a rifinanziare a scadenza i vecchi bond che ha nel cassetto continuando a creare il cuscinetto che hanno evitato, finora, strappi allo spread. Ma le richieste dei paesi del Nord di riportare la traiettoria degli acquisti verso la normalità hanno acceso la miccia. E riportato, ieri, il differenziale Italia-Germania a salire fino a 166 punti base, ieri, prima di rallentare e chiudere a 156, con un rendimento del Btp decennale italiano che ha sfiorato l'1,90% provocato la fuga dalla Borsa con la chiusura a -1%.

 

 

Il cambio di prospettiva è arrivato dalle tensioni provocate dall'aumento dell'inflazione. Una delle armi più efficaci per contrastarla (almeno quella da consumi, non così per quella importata con i rincari energetici) è il rialzo dei tassi di interesse a livello centrale. Possibilità non più remota. «I rischi per l'inflazione sono in aumento ma c'è la forte determinazione della Bce ad assicurare stabilità dei prezzi, sull'impronta di quanto fatto negli ultimi vent'anni» ha assicurato la presidente Christine Lagarde, audita ieri in commissione per gli Affari economici del Parlamento europeo. Secondo gli indicatori di lungo periodo, in ogni caso, «l'inflazione tornerà al 2% entro il 2023 e dovrebbe restare attorno a questa quota successivamente» ha aggiunto. Ma nel breve periodo gli aumenti dei tassi di sconto ci saranno secondo gli operatori.

 

 

E se per capire la linea sarà decisivo il Consiglio direttivo di marzo con le nuove previsioni della Bce per il 2022-2024, per Goldman Sachs due rialzi, dello 0,25% a settembre e dicembre sono probabili ed eserciteranno "forte pressione" sui titoli di Stato come i Btp il cui spread può allargarsi fino a 175 punti anche se questa volta a tenerlo a bada ci sarà la forte crescita dell'economia italiana. Insomma per i risparmiatori è arrivata l'ora di allacciare le cinture.

 

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