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La quotazione in Borsa della Sea è saltata.

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Afar scattare il dietrofront del gruppo presieduto da Giuseppe Bonomi è stata la bassa domanda di adesione in fase di collocamento. Al termine del book l'offerta non sarebbe stata coperta nemmeno al 50%. Inoltre, il prezzo individuato sarebbe nella parte bassa della forchetta, che esprimeva un valore minimo della società tra gli 800 milioni e un massimo di miliardo e 75 milioni di euro. A pesare, sicuramente, lo scontro al vertice dell'azienda col socio di minoranza, F2i. Gli ordini si sarebbero attestati intorno al 40% del totale delle azioni offerte. In mattinata il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, aveva preannunciato che «chi ha fatto ricorsi infondati» avrebbe dovuto prendersi la «responsabilità» in caso di fallimento dell'operazione (il Comune di Milano detiene il 54,8% di Sea). Il riferimento implicito era rivolto al Pdl, che aveva presentato un esposto alla Corte dei Conti e un ricorso al Tar della Lombardia. F2i, il fondo di Vito Gamberale che detiene il 29,5% della società che gestisce gli scali milanesi, aveva invece mosso dure critiche alla quotazione, rivolgendosi nei giorni scorsi alla Consob. Ma la Sea ha presentato un esposto in Consob contro F2i per aver ostacolato la quotazione.

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