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«I marchi italiani fanno gola alla Cina»

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.Può essere una grande opportunità ma anche un pericolo. Il rischio è che i colossi cinesi, affamati di brand europei e soprattutto di quelli italiani, possano approfittare della crisi di alcune aziende per acquistare marchi famosi a prezzi stracciati». Nerio Alessandri, presidente di Technogym, la wellness company da lui fondata a soli 22 anni e con un posizionamento importante in tutto il mondo, compreso in Cina, fa un quadro di cosa significa la corsa dell'economia di questo Paese che, superato il Giappone, ora tallona gli Stati Uniti. Quale è la sua esperienza imprenditoriale in Cina? «È da tempo che noi scommettiamo sulle opportunità offerte dalla Cina. Siamo stati fornitori ufficiali delle Olimpiadi di Pechino del 2008 e siamo fornitori del sistema militare. Questa esperienza ci ha consentito di diventare fornitori di scuole e centri sportivi e ultimamente di entrare nel business delle strutture wellness per appartamenti. L'attività fisica come forma di benessere è molto praticata in Cina. La fascia di ricchezza sta aumentando e la classe più agiata cerca la qualità europea. Ci siamo accorti che i cinesi chiedono la garanzia del marchio europeo e di quello italiano in particolare, sono molto esterofili e hanno una vera e propria fame di brand. Tant'è che stanno operando in tutto il mondo per accaparrarsi marchi più prestigiosi». La Cina è temuta per la contraffazione di prodotti soprattutto italiani ma ora potrebbe anche minacciare il made in Italy acquistando i marchi? «Non lo escludo. Le aziende italiane, quelle con un marchio prestigioso sono appetibili sicchè i colossi cinesi potrebbero approfittare della crisi economica in Europa per fare shopping. Quanto alla contraffazione è un problema reale anche se le autorità cinesi hanno introdotto sanzioni severissime per combatterla. Essere etichettati come quelli che copiano non piace per niente». Come può imporsi il made in Italy in Cina superando al concorrenza degli altri Paesi europei? «Il successo di un'impresa sarà nella misura in cui saprà intercettare i bisogni di quel popolo che ha caratteristiche diverse dall'Europa anche se segue con attenzione i trend americani e europei. Ma c'è anche un altro fattore che è determinante per essere più competitivi». Quale? «Le aziende italiane si muovono in ordine sparso, vanno allo sbaraglio confidando unicamente nella forza della qualità, della creatività e dell'intraprendenza». E non basta? «La qualità è importante ma non è sufficiente. Le imprese tedesche, ad esempio, sono supportate dal governo della Merkel che ha con Pechino un rapporto istituzionale e politico molto forte. la conseguenza è che le grandi commese soprattutto nelle infrastrutture se le aggiudicano i tedeschi».

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