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Unicredit ha un dilemma: il marchio Banca di Roma

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seguedalla prima Alessandro Profumo, infatti, dopo aver annunciato la sua linea di pensiero sul tema (all'atto dell'incorporazione dell'ex Capitalia e della banca austriaca Hvb) con l'espressione anglosassone «one brand in every country» e cioè «un solo marchio in ogni paese» sembra essere tornato sui suoi passi e ha per questo commissionato, ai suoi consulenti, uno studio ad hoc per decidere la sorte delle insegne storiche che si è trovato in portafoglio dopo la fusione con Capitalia. Già, i tempi sono cambiati, la crisi finanziaria ha tarpato le ali ai banchieri di tutto il mondo che sognavano imperi nei quali non tramontasse mai il sole, e oggi la parola vincente sembra essere diventata identità e territorio. Proprio le caratteristiche racchiuse in marchi storici come quello della Banca di Roma. Così una questione che può sembrare un dettaglio in realtà rischia di avere un rilevanza strategica. Il prossimo 15 marzo infatti l'ad della banca di Piazza Cordusio presenterà la versione definitiva della riorganizzazione dell'istituto che prevede un forte ritorno ai territori. Il problema spiegano a Il Tempo gli addetti ai lavori è che tipo di segnale il manager vuole dare ai suoi dipendenti. Se i marchi che oggi affiancano quello di Unicredit sparissero sarebbe difficile far passare la tesi di una riforma organizzativa orientata alla focalizzazione sulle aree locali. Tenerli in vita svuoterebbe la missione iniziale di Profumo che aveva in animo la creazione di un gruppo unico dopo aver digerito più anime. La voce ufficiale di Unicredit interpellata da Il Tempo assicura che «il progetto della riorganizzazione sarà operativo a marzo e per ora parlare del destino dei marchi è prematuro». Probabilmente si attendono i risultati dello studio che saranno illustrati al comitato strategico. E che ancora non sarebbero stati consegnati. Per ora, dunque, il marchio Banca di Roma resta lì dove è stato per decenni. Filippo Caleri

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