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La privatizzazione dell'utility capitolina è necessaria

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L'obiettivoè importante e va perseguito. D'altra parte, dopo tanto aver parlato di acqua (anche a sproposito), è bene iniziare a fare qualcosa, partendo dai dati e ricordando come la gestione politico-burocratica degli acquedotti abbia trasformato la rete distributiva in un vero e proprio colabrodo. Spesso si sottolinea, a ragione, lo stato pietoso di molte strutture siciliane, ma è bene ricordare - come evidenziava l'ultimo Censimento delle risorse idriche a uso civile realizzato dall'Istat - che la stessa città di Roma conosce "dispersioni di rete superiori al 50%". Se gestire i kholkoz in maniera collettivistica ha causato decenni di fame e stenti ai russi, non stupiamoci di questo risultato. Un argomento usato contro la privatizzazione è che il titolo della multiutility negli ultimi due anni avrebbe dimezzato il valore, passando da 13,5 euro a 7 euro ad azione. Sembra un buon argomento ma non lo è, poiché nessuno è in grado di dirci cosa potrà valere un'azione in futuro. Per giunta, le privatizzazioni vanno realizzate non già per "fare cassa", ma invece quale scelta strategica volta a dimensionare il ruolo del potere e ad accrescere quello del mercato. Tanto più che l'Italia ha bisogno di lasciarsi alle spalle questa nostra storia caratterizzata da galoppini politici promossi al rango di consiglieri di amministrazione. Ormai è chiaro che le aziende municipalizzate sono state all'origine di quel perverso connubio tra economia e politica (locale e no) che è uno dei nostri maggiori problemi. Ovviamente nessuno si nasconde come la privatizzazione possa rappresentare l'apoteosi di tali intrecci e già ora c'è chi legge l'eventuale cessione in una logica tutta politica. Specialmente se Acea sarà acquisita dal gruppo Caltagirone si faranno fitti gli attacchi, poiché - è sufficiente quanto scritto da Massimo Giannini su "La Repubblica" - non mancherà chi vorrà vedere in tutto ciò un tassello della manovra di avvicinamento del Pdl all'Udc (Gaetano Caltagirone, com'è noto, è il suocero di Pierferdinando Casini). È giusto chiedere allora che si adotti un percorso limpido. In merito, però, lo stesso Alemanno ha dichiarato che su Acea Spa non c'è un'ipotesi definita ma si sta studiando facendo un ragionamento molto più ampio perché il processo avvenga nella massima trasparenza e con il massimo vantaggio per la collettività». Questo è cruciale, certo, anche se nel bene di tutti è perfino più importante che si proceda velocemente e che al termine del percorso l'azienda esca dal parastato e inizi a reggersi sulle proprie gambe. Chi teme che attorno all'affare della privatizzazione del colosso romano si abbiano "relazioni pericolose" e scambi di favore poco chiari fa bene a vigilare: se continuerà a seguire da vicino la faccenda svolgerà un servizio al Paese. Si renderebbe però responsabile di un grave danno a tutti noi se dovesse in qualche modo bloccare un'operazione, la dismissione, che è assolutamente necessaria. Vendere qualche anno fa e a un prezzo più alto sarebbe stato preferibile, allora, ma non di rado il meglio è nemico del bene, e in fondo le privatizzazioni prodiane degli anni Novanta (si pensi alla Telecom) sono avvenute secondo logiche a dir poco sgangherate. Senza quelle dismissioni, però, ci troveremmo ancora sul gobbone l'Iri e chissà cosa altro. E ogni speranza di avere un'Italia un po' migliore sarebbe assai più lontana. Carlo Lottieri

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