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Giusto ambientare il suo addio all'impegno diretto nelle sue ...

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Lì è stato visto come un trascinatore, un eroe e anche come un avventuroso perdente o come un capitano che non ha mai intenzione di affondare con la propria nave. E in Borsa, appunto, De Benedetti ha scelto di comunicare il passo indietro dalla guida delle aziende che erano rimaste nella sua orbita. Non ci sono, e ce ne rallegriamo, motivi di salute dietro questa decisione. De Benedetti ha fatto un riferimento alla sua età, ma questa, forse, è più una piccola dissimulazione che un motivo reale e pressante. Proprio perché in ottime condizioni fisiche non c'era, in realtà, alcuna ragione di forza maggiore per lasciare. E i motivi vanno cercati piuttosto nelle tensioni con i figli e in particolare con Rodolfo De Benedetti. Tra padre e figlio c'era stata una netta e evidente divergenza sui piani di gestione della holding di famiglia, la Cir, attraverso la quale sono controllate le varie aziende attive nell'editoria, nell'energia, nella finanza, nelle partecipazioni industriali. Carlo voleva separarle, Rodolfo si è battuto, e ha vinto, per mantenere l'unità del controllo. Ma De Benedetti ha sempre saputo guadagnare, anche dalle peggiori sconfitte, figuriamoci da un passo indietro che comunque ha deciso in piena libertà. Così la sua uscita si colora anche di altri toni, meno malinconici. L'Ingegnere mantiene il potere di nomina dei direttori dei giornali del gruppo L'Espresso e ottiene che alla presidenza del gruppo sia destinata una figura istituzionale e di suo gradimento. Insomma: la parte divertente, se ci passate questo aggettivo, dell'attività editoriale resta a Carlo De Benedetti, quella notarile andrà al suo successore. Quella società editoriale, che gli ha consentito di avere un grande peso politico in Italia e di tentare di influenzare le scelte soprattutto nel centro-sinistra, gli è rimasta troppo cara. Da L'Espresso non ha intenzione di separarsi davvero né vuole che venga triturato in operazioni finanziarie e in manovre di riassetto dal breve respiro. Lì c'è la sua forza e lì resta a impegnarsi nel ruolo di grande suggeritore e organizzatore di manovre politiche che si è ritagliato in questi anni. Come dimenticare la sua richiesta della tessera numero uno del partito democratico? E poi l'investitura alla generazione successiva di leader politici, scaricando pubblicamente Romano Prodi? E tante altre vicende più indietro negli anni. Certo sforzi non andati mai a segno. Ma che lo hanno tenuto sempre in prima fila in tutte le partite di potere. Posizione che l'Ingegnere non intende lasciare.

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