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di GIANFRANCO FERRONI ANTONIO Catricalà è gelosissimo delle attribuzioni - e delle funzioni - dell'Antitrust ...

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L'approvvigionamento privilegiato alle fonti di energia è ritenuto strategico per il futuro (a cominciare dal prossimo inverno) del Paese, ed è esso stesso una garanzia di libertà per una popolazione, e in particolare per i suoi imprenditori. L'asse russo-algerino del gas, appena nato con l'accordo firmato tra Gazprom e Sonatrach, rischia di mettere a dura prova le finanze italiane: i due terzi delle forniture tricolori dipendono dai due colossi energetici. E l'intera Europa è cliente di sole quattro nazioni: Libia, Algeria, Russia e Norvegia. Come si può sfuggire dalla tenaglia dei monopolisti venditori, quando in Italia ogni tentativo di valorizzare con intese internazionali il patrimonio di know-how di aziende come l'Eni viene colpito dall'Antitrust? È un regime di «par condicio» quello che vede esercitare a valle un controllo dell'Authority nazionale quando invece, a monte, fuori dai confini italiani, non esiste alcun tipo di regola? Chi potrà reagire ai sicuri aumenti dei prezzi del gas che verranno decisi dai venditori, con autentiche «intese di cartello»? Serve - a fronte di una situazione davvero singolare - quella che una volta veniva definita «clausola di salvaguardia dell'interesse nazionale», per superare la rigidità di un controllo unilaterale, se non vogliamo passare il prossimo Natale sotto la sede romana dell'Antitrust per protestare contro la mancanza del riscaldamento nelle case. La Russia è il primo esportatore di gas al mondo, l'Algeria il quarto: per spiegare il significato strategico dell'operazione, è necessario sottolineare che per arrivare all'accordo Vladimir Putin ha dovuto cancellare i debiti della nazione nord-africana nei confronti di Mosca, che erano pari a 4,7 miliardi di dollari. Quale grande cliente ha la forza di trattare con questi colossi, e che ora collaborano grazie al nuovo memorandum d'intesa, se le regole nostrane della concorrenza impongono rigide restrizioni alla formazione di gruppi capaci di tener testa alla controparte? L'Europa non ha mai formato un «gruppo d'acquisto» continentale, anche perché le esigenze sono diverse da una nazione all'altra: così la «nuclearista» Francia non cerca alleanze su questo terreno, per esempio, e lascia a noi italiani la scelta di metterci in fila ad acquistare l'energia prodotta dalle sue centrali. L'Italia è l'ottavo consumatore mondiale di gas, ed il decreto Bersani che stabilisce l'obbligo per le aziende di procedere alla «massimizzazione del riempimento degli stoccaggi» non rappresenta certamente la soluzione al problema dell'approvvigionamento. Una volta, bastava la forza dell'Eni per procedere ad iniziative dedicate al rafforzamento delle intese con i Paesi produttori, ma ora non è più sufficiente: forse solo una fusione con l'Enel, prima di avviare il processo delle privatizzazioni, avrebbe permesso di creare un polo energetico di rilevanza internazionale in grado di trattare con le controparti. Adesso però questi discorsi non si possono più fare, perché c'è l'Antitrust che vigila, controlla, sanziona i soggetti interessati dalle sue inchieste con multe record.

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