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NEL SETTORE finanziario la tripla A (AAA) viene assegnata ai titoli ritenuti, in assoluto, più sicuri.

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L'annuale studio elaborato da S&P lo conferma. A distanza di cinque anni dall'assegnazione di una AAA lo 0,10 per cento delle società che hanno ricevuto questo rating risulta comunque "fallita". A distanza di dieci anni la percentuale sale allo 0,5 per cento. E un valore contenuto, ma comunque superiore allo zero. Nel caso della doppia A (lo stato italiano, giusto per fare un esempio, ha un rating AA) si sfiora l'1 per cento già dopo 11 anni. La percentuale, naturalmente, sale - e non di poco - con il peggiorare del rating. Per le società "tripla B" lo stesso studio ha rilevato una incidenza prossima al 5 per cento già dopo dieci anni. Quindi, in media, una azienda su 20 tra le triple B (il livello più basso considerato comunque accettabile) statisticamente fallisce entro i dieci anni successivi. Questi numeri ci confermano che il rischio può essere gestito, ma non può essere azzerato del tutto. D'altra parte, come noto, il rischio ha una relazione diretta con il rendimento. Infatti migliore è il rating, più basso è il rendimento medio. Da questo punto di vista è chiaro che non esiste un rischio buono e un rischio cattivo. Esiste solo un rischio ben pagato o mal pagato. Per questo il risparmiatore deve valutare l'opportunità di inserire nel suo portafoglio non solo titoli AAA, ma anche altri che offrono tassi più appetibili. Ora tutti stanno concentrando i riflettori sul caso Parmalat e la reazione istintiva in molti casi è quella di spostare i soldi sul conto corrente o addirittura di ritornare al "materasso". Istintivamente si può comprendere questa scelta, ma da un punto di vista finanziario è una mossa sbagliata. Infatti è una "non risposta", una "non soluzione" al problema, che sostituisce una perdita incerta, con insite possibilità di guadagno (tipiche dell'investimento azionario e obbligazionario), con una perdita certa sia in termini reali sia nominali. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli interessi sui conti correnti sono irrisori e al di sotto del tasso di inflazione (e questo riduce il valore reale del capitale); aggiungendo le spese, i bolli, e i vari costi di gestione, non di rado si assiste addirittura a una decurtazione nominale del valore, che si riteneva al sicuro. Cosa fare, dunque? Gli elementi sono chiari: non ci sono certezze sui singoli titoli e il rischio è insito in qualsiasi scelta, anche quelle che ne sembrano immuni. Compito degli analisti finanziari è proprio quello di verificare se un rischio è sufficientemente pagato e di monitorare il cambiamento della affidabilità delle società (il rating viene rivisto periodicamente nel tempo). Compito dei gestori dei fondi è quello di costruire dei portafogli e di monitorarne l'andamento in modo tale da poter remunerare nel migliore dei modi un dato rischio ad essi associato. In questo sta il loro valore aggiunto. Ovviamente la maggior parte dei risparmiatori non potrà mai seguire l'evoluzione dell'affidabilità di tutte le società, capire se un eventuale declassamento porta realmente a un aumento dei rischi (e valutare la relativa entità della variazione), decidere come ripartire il proprio denaro tra titoli appartenenti a diverse classi di rating, settori, Paesi, valute. Ma soprattutto non potrà mai costruirsi in proprio un portafoglio sufficientemente differenziato, tale da rimanere pressoché insensibili al crollo di un singolo titolo. Se anche ciò fosse tecnicamente possibile sarebbe economicamente poco vantaggioso e molto complicato se non per i patrimoni più importanti: esistono, infatti, delle economie di scala nell'acquisto e gli investitori istituzionali possono spuntare condizioni migliori proprio per i grandi volumi che acquistano. La soluzione è dunque quella di affidarsi alla consulenza professionale di un promotore finanziario e di rivolgersi agli strumenti del risparmio gestito. I risultati si vedono, l'indice dei fondi comuni italiani specializzati in obbligazioni societarie europee (proprio quelle emesse da Parmalat) ha avuto performance positive s

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