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MADE in Italy in difficoltà non solo per la Cina: imprese troppo piccole e poco innovative, e prezzi ...

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Ma la teoria non convince gli imprenditori: non è vero - ribattono alcune firme importanti del made in Italy - che l'industria italiana non sia innovativa, anzi in alcuni settori sono addirittura leader. Dalla loro parte anche il vice ministro delle Attività Produttive con delega al Commercio con l'estero, Adolfo Urso, che rispedisce le critiche al mittente, «è ingeneroso accusare le imprese». E aggiunge: «è necessario operare in sintonia per rilanciare il sistema paese ed in questo quadro le banche hanno un ruolo determinante». La visione degli imprenditori diverge però dall'analisi di Via Nazionale. «In Italia ci sono medie imprese che sono leader del mercato e su queste bisogna puntare - afferma il presidente dei giovani industriali di Confindustria, Anna Maria Artoni - Ci sono imprese innovative che investono sulle risorse umane e che hanno successo sui mercati». In linea con Artoni anche Diego della Valle: «non è verò che le imprese italiane non sono innovative» spiega ma ammette che è «comunque necessario perseverare proprio sull'innovazione per compensare i costi della manodopera». Convinto che un giudizio sul made in Italy possa essere formulato solo caso per caso è il presidente della Bnl ed ex presidente di Confindustria, Luigi Abete, che mette però in luce come esiste «un problema di dimensione per tutto il sistema industriale». Per Vittorio Merloni «il made in Cina è un rischio solo se le imprese italiane non vanno lì a produrre e vendere i loro prodotti - sostiene - Se invece lo fanno, la Cina diventa una grande opportunità». A difendere le imprese italiane è il vice ministro Urso, convinto che parte dei problemi rilevati da Bankitalia possa essere affrontato con le misure della Finanziaria. Urso ammette però che «partiamo da un sistema poco aperto che attrae pochi investimenti esteri».

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