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Napoli, fedele all'etimologia del suo nome (nea polis) che ci parla di una "città nuova", ha dato vita ad una mostra che si chiama come una bambina e che come lei si apre al futuro con energia.

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DiCapua, F. Romana Morelli e V. Rivosecchi. Ne sono vulcaniche protagoniste 84 opere di 44 artisti formatisi negli ultimi quindici anni proprio nelle aule e nei laboratori della vivacissima Accademia partenopea, che può vantare oltre tremila iscritti ed un'attività culturale a ritmo continuo. Non pochi di questi giovani artisti nel frattempo si sono affermati sul palcoscenico nazionale, dando il giusto merito alla qualità degli insegnamenti ricevuti. Nella mescolanza di tecniche (pittura, scultura, installazioni, performance, fotografie, video) si concretizza una sorta di eruzione creativa che esprime il meglio di questa magnifica e complessa città. Ne viene fuori un reportage instancabile sul paesaggio metropolitano, frammentario, avveniristico, visionario, drammatico e sempre coinvolgente. E pur nel mutare delle tecniche resta comunque dominante la presenza umana nel suo rapporto vitalissimo con la città. Se questa è la nuova immagine napoletana anche nella quotidianità, oltre che nell'arte, allora in questa città la parola speranza, armata di tanta ironia e voglia di vivere, avrà senza dubbio la meglio su qualsiasi paura. Lo si vede bene nella nuova mitologia che mescola sacro e profano delle fotografie digitali di Chiara Coccorese, con "La morte di Partenope" su una montagna di rifiuti ma anche con una gioiosa "Madonna del Parto" forse ambientata a Margellina con due ragazzine in costume da bagno al posto degli angeli. Oppure, solo per fare un altro esempio, nelle fotografie borderline, in prima linea, di Sandro Maddalena. Napoli è più viva che mai. Gabriele Simongini

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