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di GIANCRISTIANO DESIDERIO Croce durante il fascismo fu un "sorvegliato speciale".

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Lanotizia ebbe all'estero un gran risalto e da quel momento il duce si guardò bene dal toccare il filosofo. In fondo, a Mussolini, al cospetto dell'Europa e del mondo, conveniva tollerare Croce e non ridurlo con la violenza al silenzio: poteva sempre sostenere che il principale oppositore del fascismo aveva libertà di espressione e azione. Ma da quella notte Croce fu ancora più un "sorvegliato speciale" e ogni volta che si muoveva c'era un gran da fare per carabinieri, questure e prefetture. (...) Quanto avvenne a Torrecuso il 6 giugno 1929 è emblematico. Fu quella una giornata particolare per Benedetto Croce e soprattutto per il piccolo paese di Torrecuso, comune del Sannio Beneventano appollaiato sulle pendici del monte Taburno. La gita di Croce sarebbe dovuta passare sotto silenzio perché era fatta per motivi privati. Ma la notizia del suo arrivo mise a gran rumore non solo Torrecuso, ma anche Benevento. La giornata sannita di Croce fu così particolare che finì in un'«informazione fiduciaria» dei carabinieri che riportarono una frase a dir poco importante del filosofo se Croce l'avesse veramente pronunciata: «Sono ammiratore di Mussolini e del Fascismo ma, per i miei principi, dissento in alcuni punti da loro». La frase venne inserita nella relazione della prefettura, datata 21 giugno 1929, per poi essere inviata alla segreteria particolare del duce e inserita nel "fascicolo Croce" che il regime mussoliniano inaugurò a partire dal 1925, subito dopo che Croce ebbe scritto il Manifesto degli intellettuali antifascisti. (...). La verità su quella frase è rimasta sempre in sospeso. Certo, non si è data mai importanza a quel "sentito dire", eppure per chi si sofferma sul primo appoggio che Croce diede al governo Mussolini prima del 1925 e per il modo in cui poi passò all'opposizione, tanto di Mussolini quanto di Giovanni Gentile, quella frase potrebbe costituire un'ombra, un dubbio in più. Vale la pena allora ricostruire quella giornata. Ancora oggi lo possiamo fare perché siamo in grado di avvalerci della testimonianza diretta che nel 1999 raccolsi proprio a Torrecuso incontrando la signora Delia Frangiosa (...) a casa sua e lei, che era un'insegnante e che per anni visse e lavorò a casa Croce, fu ben lieta di raccontarmi come andarono le cose. Tutto ebbe inizio dal battesimo del fratello della signora Frangiosa, Renato, che Croce doveva battezzare a Torrecuso: «Andò così: dei galoppini per farsi belli si recarono a Benevento raccontando bugie». Benedetto Croce era legato con affetto alla memmoria di Antonio Fusco che era proprio natio di Torrecuso e che lavorò con Croce e con Gentile nei primi anni del secolo. (...) La sorella di Fusco, Cleonice, quando si trattò di battezzare il figlio Renato si rivolse proprio al filosofo (...). Clelia Fusco era sposata con il falegname Salvatore Frangiosa. I coniugi, che erano orgogliosi della conoscenza di Croce e non avevano timori di sorta «indissero un pranzo - continua la relazione del prefetto Cimoroni - a cui invitarono le migliori persone del luogo, le quali, però, conoscendo i sentimenti di Croce, avversi al Governo Nazionale, si astennero compatte dall'intervenire. Al detto pranzo non parteciparono che pochi famigliari del Frangiosa, e questi, per giustificare la modesta accoglienza, ritenne opportuno accennare al Croce le ragioni dell'assenteismo». (...) Proprio la spiegazione del falegname al filosofo per motivare le assenze degli invitati sono al centro, secondo l'informativa, del «caso Torrecuso». Infatti, «secondo quanto il Frangiosa ebbe poi a riferire a persone degne di fede del luogo» si vuole che Croce si sia espresso nei seguenti termini: «Non è mica vero che io sia un antifascista, sono anzi amico e ammiratore di Mussolini e del Fascismo ma, per i miei principi, dissento in alcuni punti da loro. Sono certo che se volessi entrare nel Fascio mi accoglierebbero a braccia aperte. Ho parlato recentemente al Senato contro il Concordato fra Lo Stato e la Chiesa e mi sono attirato delle inimicizie, ma ora parecchie persone incominciano ad accorgersi che ho detto la verità e che avevo ragione». A rileggere l'informativa oggi viene un po' da sorridere. Perché quelle poche righe ricalcano in pieno quella che fu la posizione di Croce che prima appoggiò Mussolini, come fecero tutti i liberali nella speranza di riavere ordine, evitare gli estremismi comunisti e contemporaneamente costituzionalizzare poi lo stesso fascismo, quindi passò all'opposizione quando capì che il duce stava facendo tutt'altro e si affrettava a liquidare le istituzioni dello Stato liberale. La frase poi che dice «sono certo che se volessi entrare nel Fascio mi accoglierebbero a braccia aperte» è un chiaro desiderio del regime: in proposito non ci sono dubbi, se Croce avesse fatto un cenno, Mussolini lo avrebbe accolto a braccia aperte. Il riferimento, poi, al discorso in Senato – l'ultima apparizione di Croce in Senato – è un riferimento storico di cronaca visto che Croce parlò contro i patti lateranensi qualche settimana prima. Dunque (...) tutto molto generico (...). La testimonianza di Delia Frangiosa non lascia dubbi di sorta: tutto inventato dai galoppini per farsi belli agli occhi dei potenti del luogo.

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