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di DINA D'ISA Non si placa la querelle lanciata dal ministro Galan sulla presunta ostilità (forse mai sopita del tutto) tra il Festival di Roma e la Mostra di Venezia.

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Benvenga quindi - per Montesano - la proposta di Galan, «perché il Festival di Roma è in effetti un doppione di Venezia». Mentre per il sindaco Alemanno «l'ipotesi dell'arrivo di Müller potrebbe diventare verosimile, quando la direttrice Piera Detassis avrà completato il suo mandato». «È difficile lavorare con un ministro che non ti sta a fianco - ha replicato Detassis - Il Festival di Roma in questi sei anni di vita è stato finanziato dal collegio dei soci fondatori e dagli sponsor, il ministero contribuisce in parte minima al bilancio. Roma rappresenta un festival metropolitano con un mercato importante e con l'interazione del pubblico. Il programma della nostra squadra (da me al presidente Rondi) crea opportunità e vorremmo lavorare senza subire querelle politiche, queste polemiche creano solo confusioni al comparto cinema. C'è un gioco a disunire e ancora non capisco a chi interessi. Si deve essere giudicati dai risultati e, considerando che abbiamo riscosso interesse nazionale e internazionale, continueremo su questa strada. Le date scelte (27 ottobre - 4 novembre) sono funzionali al nostro Festival e Venezia non ha nulla di cui preoccuparsi. Smentisco, inoltre, che paghiamo aerei e compensi vertiginosi alle star: non è vero, facciamo bene i conti senza sperperare. Siamo pronti al confronto, ma certo non a chiudere, si chiude quando le cose non funzionano. Ringrazio istituzioni, soci fondatori e tutti coloro che ci appoggiano in questa querelle». Favorevole al Festival romano anche Carlo Verdone: «Venezia ha una sua solida connotazione da Festival di prestigio. Roma è una grande Festa dove insieme ai film ci sono gli incontri con gli autori, con grandi autori internazionali. Presentazioni di libri inerenti a personalità del cinema, faccia a faccia. E anche pellicole più sperimentali che non troverebbero spazio a Venezia. Ci penserei tre volte prima di declassare il grande lavoro dell'Auditorium, fulcro della rassegna romana perché come presenze è secondo nel mondo dietro al Lincoln Center di New York e avanti al Centre Pompidou». Gigi Proietti osserva che «c'è una logica masochistica nel nostro Paese, chiudono le cose che funzionano come la mia Scuola di recitazione che ho curato per 16 anni al Brancaccio. I festival sono utili, ne aprirei qualcun altro, a Napoli o a Palermo: sono kermesse che creano aggregazione, cultura, visibilità e lavoro. È illogico spezzettare l'Italia: adoro Venezia, ma non per questo sopprimerei Roma. Meglio sollecitare emulazione tra eventi con caratteristiche diverse. Non capisco la voglia punitiva di chiudere il Festival capitolino: la competizione esiste dove si deve vincere, ma nei festival non c'è uno che perde. Dirigo il Globe Theatre e ne vorrei altri 4 o 5 come il mio in Italia per aumentare le sinergie. Abbiamo finito ora le celebrazioni per l'Unità e mi domando perché alcuni si permettono ancora di chiamare "porci" i romani». Domani, al Residence Ripetta, si svolgerà, intanto, il convegno «Cinema è Cultura», promosso dal coordinatore del Pdl di Roma Gianni Sammarco, che «intende riaffermare il ruolo fondamentale del cinema e della tv nella costruzione di senso critico, di identità sociale e comunità nazionale. Roma è il principale centro della fabbrica italiana delle immagini e il Festival capitolino brilla di luce propria» All'evento parteciperanno - tra gli altri - Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno, Renata Polverini e Antonio Tajani.

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