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Stefania Monaco Ci sono due luoghi che tracciano l'origine della tartare: la Mongolia e Venezia, il percorso di Marco Polo.

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La«frollatura» delle carni fibrose dei cavalli era garantita dai sali minerali assorbiti dal sudore dell'animale durante il percorso. In Lombardia la bistecca alla tartara deve le sue origini alle invasioni barbariche degli Unni di Attila, diretti discendenti dei Tartari. E la bistecca lombarda, detta alla tartara, era in antichità rigorosamente di carne di cavallo e spezie piccanti. A Venezia invece la versione più gentile, il carpaccio, vede in Giuseppe Cipriani dell'Harry's Bar l'inventore. Lo chef e patron del celebre ristoro veneziano si ispirò al pittore rinascimentale Vittore Carpaccio, per creare la cruditè italiana in onore di Amalia Nani Mocenigo, una nobildonna a cui il medico aveva vietato di nutrirsi con carne cotta. La versione di Cipriani è un filetto di manzo affettato sottilmente con decorazioni alla Kandinsky (maionese con senape e worchester). Oggi giorno non è necessario arruolarsi nella legione straniera o galoppare con la carne sotto la sella, la tartare è simbolo del mangiare crudo e naturale. Forse questa riflessione ha portato lo chef Massimiliano Alaimo a servirla senza posate, un invito alla crudità; la sua battuta di carne piemontese al tartufo nero viene servita su una corteccia e si consuma con le mani, una vera e propria emozione da vivere. Oltre alla carne piemontese e a quella chianina, si utilizza anche carne estera, tra tutte quella di Kobe, il bue giapponese, un animale di piccola taglia che viene alimentato con cereali, barbabietole, patate e birra. Nelle stalle del bovino si ascolta solo musica classica (prevalentemente Mozart) e ogni giorno mani esperte massaggiano il bestiame con guanti di crine. La qualità di questa carne a giudizio di molti è la migliore al mondo. Ma negli ultimi anni si sono affermate anche le tartare di pesce. Inizialmente siamo stati invasi da quelle preparate con il tonno rosso ma oggi la fantasia degli chef arriva persino ad usare pesci di lago. Leandro Luppi, ad esempio, chef e patron della Vecchia Malcesine sul Lago di Garda, prepara tartare di sarde o di trote di lago esaltandone il particolare gusto delle carni. A Camigliatello Silano, invece, si tenta di recuperare la razza podolica di quei luoghi e Pietro Lecce patron della Tavernetta ne propone la versione battuta con carpacci di funghi del parco. Nella capitale due indirizzi per la carne: Roscioli, con la delicatissima tartare di carne piemontese e Charly's Saucere che condisce a la francese con succo di limone, rosso d'uovo, paprika dolce, peperoncino, cipolla tritata, senape di Digione, salsa worchester e salsa di pomodoro. Per il pesce di mare un piatto su tutti «dal crudo al cotto», viaggio sull'onda della freschezza del tonno al rosso della triglia brasata. L'indirizzo è Pascucci al Porticciolo di Fiumicino. E infine per ingegno e maestria il club sandwich dello chef Bruno Barbieri fatto di strati di pesce crudo (dal più scuro al più chiaro) predisposti su piccole sfogliate di kamut, una delle più divertenti creazioni di crudità italiana.

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