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È uno dei prodotti dell'eccellenza gastronomica italiana, uno di quelli per il quale vale la pena di mettersi in viaggio per andarselo a comperare da chi ancora lo fa come insegna la tradizione

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Nonfosse altro perché conoscere Felino, piccolo paese emiliano incuneato ai confini dei boschi della Val Breganza e patria del salame che ne prende il nome, può essere anche un'occasione per un salto alla vicinissima Parma. E lì, visitando la splendido Battistero, ci si può imbattere nella prima testimonianza di questo prodotto: nella lastra dedicata al segno dell'acquario, compaiono, posti a cavallo di un sostegno girevole di una pentola, sul focolare, due salami felini. Eppure, nonostante i suoi «quarti» di nobiltà, in molti si fermano dubbiosi davanti a quell'aggettivo immaginando, con orrore, che si tratti di un insaccato fatto utilizzando i nostri poveri mici. Invece il salame felino è uno dei migliori prodotti in circolazione e per farlo viene utilizzata carne di suino sceltissima, solo da maiali allevati nella zona, e sfruttando per la stagionatura le particolarissime condizioni microclimatiche dell'area. Del resto la sua è una storia millenaria, che lo ha visto prima consumato cotto – e ci sono testimonianze di banchetti alla corte dei Farnese – poi, verso il XVIII secolo, crudo. E anche di questa evoluzione c'è una testimonianza artistica, un quadro del pittore napoletano Giacomo Nani che lo raffigura, nel 1700, in una natura morta. Per produrlo i «norcini» di Felino usano spalla disossata, pancetta, macinato selezionato e rifilature di prosciutto a cui si aggiunge un 25, 30 per cento di parti grasse scelte fra quelle a costituzione più dura. Dopo aver triturato l'impasto vengono aggiunti sale e pepe a grani grossi pestati un mortaio e poi disciolti in vino bianco secco. Inoltre, rispetto ai salami che si trovano in commercio, viene insaccato solo con budello naturale e per la lavorazione non vengono usate farine di latte o lattosio. Così può mangiarlo anche chi è allergico a queste sostanze. Il risultato è un prodotto probabilmente unico, con un sapore quasi dolce, un colore rosso più forte di tutti gli altri, rubino, e molto magro. Una unicità che ha spinto il ministero delle Politiche agricole a presentare all'Unione europea la domanda perché gli venga riconosciuta l'Indicazione geografica protetta. Ma non sognatevi di assaggiarlo come un qualsiasi altro salame: tradizione vuole che venga affettato in diagonale e con lo spessore «almeno di un grano di pepe» per avere fette che mantengano la consistenza e non si sbriciolino quando viene consumato fresco.

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