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Placido senza video

Michele Placido

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Non ha mai dimenticato la sua vocazione scenica Michele Placido e, pur avendo raggiunto pregevoli successi e una solida popolarità sul piccolo e sul grande schermo, sa quanto sia diverso recitare davanti a un pubblico vivo che ti ha scelto veramente. Da stasera al 28 marzo il noto attore sarà al Ghione con un'incursione speciale definita genericamente «Serata d'onore» e sottotitolata «passeggiando nella mia vita tra teatro e cinema». Quarant'anni di carriera artistica vengono ripercorsi con il recupero di due testi pirandelliani, a lungo frequentati in tournée, come «La carriola» e «L'uomo dal fiore in bocca» per poi passare a un ricco repertorio poetico di argomento sentimentale, già spesso coltivato in recital di musica e parole. La primigenia formazione personale risulta, allora, frutto dell'incontro con Dante, Leopardi e Montale, alternati con classici musicali di Luigi Tenco e Umberto Bindi che servono da sfondo a una narrazione intima fra avventura reale e finzione scenica. Immancabile anche l'omaggio alla Sicilia, terra d'adozione accostata all'originaria Puglia, in una ricerca di tradizioni e folclore. «Ho debuttato nel 1969 con "Orlando Furioso", diretto da Ronconi, ma il mio vero maestro è stato Orazio Costa - ricorda Placido - Fu un padre nobile per tutti noi. Mi salvò all'esame di ammissione in Accademia. Mi avevano già mandato via, quando mi chiese se avessi una poesia da dire. Recitai "Mania di solitudine" di Pavese e lui decise di prendermi, dicendo che, se sapevo commuovermi per quel brano, avrei potuto dare molto al nostro lavoro. Al di là del perfezionismo, della cura degli aspetti tecnici, sapeva leggere negli allievi la dimensione umana che era lo scopo della sua filosofia esistenziale oltre che del suo metodo. Poi ho esordito nel teatrino romano di Via Vittoria e il legame con la scena è rimasto sempre fortissimo: ho considerato il cinema e la tv come due deviazioni più moderne di quell'arte. Essere un attore significa recitare sul palco: dire una parola e far vibrare il proprio corpo all'unisono con lei. Avverto il bisogno di esprimermi in tale forma e a questo punto della mia vita potrei abbandonare tutto per dedicarmi solo al teatro. Il palcoscenico può diventare l'ultima sponda, il luogo in cui riunirsi per rilanciare nuove modalità culturali, mentre il piccolo schermo è onnivoro e massificante: un giovane che vuole emergere non pensa a formarsi, ma va ospite dalla De Filippi. Sono i media che hanno i megafoni più importanti e distraggono dalla verginità culturale: una volta si discuteva nei caffè, ora si presenta un libro in televisione in mezzo alle pubblicità». Nel secondo atto del monologo, accompagnato musicalmente dalle note di Tom Sinatra, verranno coinvolti ospiti a sorpresa, diversi per ognuna delle quattro serate: si attendono Enrico Brignano e Giorgio Albertazzi con un'inedita apparizione filiale di Violante Placido.

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