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Se il lutto diventa un party planetario

A piazza Navona veglia funebre per Michael Jackson

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{{IMG_SX}}Eccolo lì che abbozza stentatamente il passo "moonwalk", che tenta di intonare "Thriller" con quella voce già velata dall'agguato dell'Ombra. Attorno a lui ballerini, acrobati. Al centro della scena una gigantesca sfera: forse simboleggia quella luna dove voleva fossero disperse le sue ceneri. Signore e signori, Michael Jackson sul palco, poche ore prima della fine. L'ultima prova con la band, in vista di quei 50 concerti londinesi con cui sperava di risollevare le finanze e rilanciare la propria carriera. È stata registrata in alta definizione, e naturalmente diventerà presto un dvd, un disco blue-ray, un doppio o triplo cd. La compagnia finanziaria AEG, che aveva organizzato il "grande ritorno" in concerto del re del pop, e che deteneva i diritti promozionali anche su questa performance a porte chiuse, non mollerà di certo la presa. Ha per le mani un business ben più lucroso di quello che avrebbe costretto un fantoccio di pelle e ossa a inseguire il proprio mito in una serie insostenibile di show, battezzati profeticamente "This is it", cioè "questo è tutto"). Quelle sono le riprese della "sera della vigilia", dove la pre-agonia di Michael può essere già vivisezionata, in barba a qualsiasi autopsia. Basterà un ralenty per far intuire il primo segno premonitore della morte: gli studiosi del settore si accaniranno su quella nota troppo inquietante, su quell'altra smorfia ammantata di presagi. Perché nulla vende come il passaggio nell'Oltretomba: lo avevano già dimostrato Elvis, Lennon, Jim Morrison, Hendrix. E Diana, ovvio. L'indotto del macabro è sopratutto indiretto: ci sarà da lucrare per biografi, dietrologi, scoopisti. Questione di giorni, e qualcuno scriverà che Jackson si è tolto di mezzo volontariamente: ci sta che una star globale realizzi il proprio capolavoro senza cantare neppure una strofa, semplicemente rinunciando a vivere, evitando il confronto artistico con ciò che eri stato e che non sarai comunque mai più. Di più: risolvendo in questo modo anche la grana dei debiti, e spiazzando i detrattori, che faranno la fila per santificarlo, se davvero la residenza Neverland sarà trasformata in un mausoleo come la Graceland di Presley. Nel frattempo, i suoi successi hanno riconquistato la cima delle classifiche più di vent'anni dopo l'uscita, e tutto un pianeta ha trasformato, come in una scenografia del contrappasso, il compianto per il defunto in un party ininterrotto. Vedi carcerati nelle Filippine sincronizzarsi a migliaia per un balletto in suo onore, o ragazze pakistane canticchiare "Bad" con le labbra celate dietro al velo. Le ambasciate americane ai quattro punti cardinali sono mete di pellegrinaggi profani, mentre da Roma a Mosca si succedono veglie funebri movimentate dai sosia di Jacko, da ragazzi che si abbracciano, cantano a squarciagola, danzano e versano lacrime: e si riconoscono comunque, perché nulla come la musica si infila nelle crepe dell'anima, nel rito laico del pop contemporaneo. Intanto, la generazione di Youtube trasforma "Beat it" in un inno di battaglia per i ribelli di Teheran. Niente come il rock e il pop lega segretamente, e in modo tanto ecumenico, il sentire di giovani ed ex giovani: non la politica, né la religione, né lo sport. È un collante irresistibile, sopratutto quando entra in gioco l'ineluttabile. Ieri, a Tunisi, il primo suicidio per "amore" del re. Una giovane fan, sconvolta per Michael volato verso la luna. Come quei troppi, che si sono tolti la vita per ritrovare i propri idoli. A loro, comprare i dischi postumi non basta già più.

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