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E magari, perché non le tragedie? L'Edipo Re insegna a uccidere il padre e ad andare a letto con la madre: quel che sosteneva più o meno Freud.

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Nondiciamo sciocchezze. Non sappiamo se le fictions su padre Pio abbiano generato vocazioni. Che quando germogliano non fanno rumore. E notizia, come invece la fa una coltellata. E poi perché il linguaggio della fiaba, della tragedia, dell'epica - che non a caso ha scarsissimo spazio negli spettacoli proposti oggi - è tradizionale, formalizzato, catartico: appartiene a mondi nei quali bene e male erano ben distinti, si onorava il primo e si condannava il secondo. La violenza che passa oggi nel grande e nel piccolo schermo non ha alcuno di questi caratteri. È squadernata, nihilista, oscena: fa del trasgressore e del malfattore altrettanti eroi, esalta esplicitamente o implicitamente la forza e la violenza. Non propone esempi che insegnino virtù morali; mette in scena modelli nei quali il sangue è vicino al sesso e l'uccidere dà un'ebbrezza vicina all'orgasmo. Eros kài thanatos: e ci risiamo con Freud. Quindi, Alemanno, hai ragione tu: e torto i tuoi detrattori. Certo, è evidente che moralizzare spettacoli e modelli antropici non basta: ci vogliono anche i servizi e gli spazi di aggregazione eccetera. E ci vuole un ritorno all'insegnamento morale, un impegno che veda famiglie e scuola tornare ai loro doveri. E magari che i partiti politici riscoprano il sacrosanto discorso gramsciano secondo il quale chi fa politica ha il dovere di accettarne anche il ruolo etico e didattico, di cercar di migliorare la società in cui vive. Sarebbe bello se la Tv ci aiutasse. A me, le vicende di Francesco d'Assisi, o di Tiziano Terzani, sembrano più affascinanti delle storie "de cortello" della Magliana. Per non parlare del Grande Fratello. Franco Cardini

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