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Un televoto contro il Palazzo

Emanuele Filiberto a Ballando con le stelle

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Parrebbe che sparuti manipoli di fedelissimi alla corona siano stati avvistati a Ciampino: nostalgici disposti a giurare che il Savoia Marchetti con a bordo il re di maggio stia per planare sul cielo patrio. L'oltraggio dell'esilio potrà forse esser sanato da una ricollocazione sul trono. Di Umberto II, ovvio. Perché la forza intrinseca del sentire monarchico è nel suo pertinace anacronismo, in quel sentire che il calendario sia fermo al 1946, quando i Savoia invocarono il colpo di Stato per la sconfitta al referendum e furono costretti a partenze meno avventurose ma più durature di quelle di Sciaboletta & Famiglia all'indomani dell'8 settembre. Ora, tra Cascais e Ginevra, non è che in questi sessanta e passa anni i reali abbiano collezionato figure formidabili. Per gli aficionados, la pièce de résistance era il malinconico sussiego con cui l'erede di Vittorio Emanuele III traguardava l'orizzonte portoghese, sognando Roma, e sospirando per Milly, chanteuse dolente, voce torbidissima e occhi da mantide, mica una pupazzetta buona per "X Factor". Per il resto, un disastro: amorazzi tra castellane e servi della gleba, bisticci e duelli rusticani attorno ai codicilli della Legge Salica, sparatorie a bordo costa, e l'immancabile contorno di puttane: quelle richieste a gran voce dal priapico marito di Marina Doria, lui sì preso in mezzo e intercettato tra il casino e il casinò. Ecco, non è che la repubblica avesse molto da temere da questi Simpson sabaudi, che pian piano si erano ridotti a un patetico cartoon, con un paio di vertiginose cadute di stile di Vittorione IV: la prima terrificante e imperdonabile sulle leggi razziali ("Non furono così terribili", si lasciò scappare in tv sei anni prima che lo riammettessero aldiqua del confine), e la seconda che pareva una battuta da vaudeville, quando chiese il rimborso al Paese per tutto quel tempo che era stato "costretto" a trascorrere in Svizzera. Con una dinastia così, gli italiani non hanno mai avuto voglia di ricucire lo stemma sul tricolore. Li abbiamo riaccolti più che altro per non sembrare livorosi, malgrado avessero lasciato la Penisola alla mercè della furia nazista. Non a caso, nel lungo transito della pacificazione di un Paese con la propria storia, era stata Maria José, la regina che si diceva simpatizzasse per la Resistenza, a ottenere il via libera da Pertini: e accadeva già 22 anni fa. Prima e dopo, il "grottesco" è rimasto sempre lì, tra gli stucchi e gli arazzi dei Savoia, per la gioia dei paparazzi e degli spernacchiatori sotto ai merli del castello. I monarchici, invece, che senza darlo troppo a vedere sognavano la seconda presa del Quirinale, sono insorti adesso, all'indomani della prima affermazione di un discendente della Real Casa. Segno che davvero sono rimasti ai giorni dell'ultima tragica carica di cavalleria: in tutto questo tempo hanno ignorato i rotocalchi pure dal parrucchiere. È bizzarro l'attacco a Emanuele Filiberto nelle ore in cui il rampollo porta a compimento una delicata operazione-simpatia per i Savoia. Certo, zompettando a un concorso di ballo, tra rumba e quickstep, ma svolazzando principesco anche nel valzer, e tutto sommato senza neanche una gaffe: quelle che suo padre avrebbe inanellato se avesse ceduto alla tentazione di vangare nella melma della "Fattoria". Non che "Fili" abbia sofferto tra le braccia dell'incendiaria Titova, ma insomma i calli se li è fatti venire, sotto ai piedi: e per uno che aveva fama di essere uno sborone espatriato, è già un passo oltre l'inciampo. Incuriosisce, il suo trionfo: perché se broglio non c'è stato, al televoto è piaciuto più di un idolo delle ragazzine come Montovoli, o di quello delle carampane, il moschettiere Di Clemente. E allora stai a vedere che l'hanno votato tutti gli altri, gli italiani veri, i totocotugneschi, i nazional-popolari, i ceti bassi rincantucciati nei tinelli, mogli con zinale e bigodini, mariti irsutissimi fiaccati sui divani dopo la ribollita, adolescenti sboccati e insofferenti. Stai a vedere che riparte dalla "ggente" la richiesta di una nuova monarchia, perché la repubblica ha stuccato, e nessuno sa più se questa sia la Terza, la Quarta o quale, come nei serial o nei videogiochi. Stai a vedere che "Fili", snobbato dall'aristocrazia nera e papalina, entra in politica e qualcosa ti combina. Sempre che non commetta errori, come Harry d'Inghilterra. Perché c'è sempre un ragazzino, tra la folla, che poi ti indica il re nudo.

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