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Mario Bernardi Guardi Il suo nome, Karol Wojtyla, aveva ...

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Un papa straniero non se l'aspettavano. Figuriamoci poi un papa "nero"! E quel "Voitiua" che giunse agli orecchi della gente evocava scenari vagamente tribali. La Chiesa aveva scelto un pastore venuto dall'Africa? Non era "troppo"? Giovanni Paolo II veniva da lontano, anche se non da "tanto lontano". Veniva dall'Est, da un paese del blocco comunista, dalla cristianissima Polonia. Questo era il suo "troppo". Già lo evidenziavano la corporatura robusta, la faccia sana e aperta dell'uomo del popolo, la voce che salutava e abbracciava la Cristianità tutta. Si rivelò subito bella e potente questa comunicazione "fisica" e le parole del nuovo Pontefice le aggiunsero nuova sostanza, stabilendo una immediata complicità affettiva. Il "colore" del Papa era il suo "calore", la spontaneità ingenua, sì, davvero esotica, con cui rivolse ai fedeli l'invito: "Se mi sbaglio, mi corrigerete". Così, "scusandosi" del suo italiano imperfetto, quel Papa, davvero Padre e Fratello, li vincolava amorevolmente: voi avete bisogno di me, ma anch'io ho bisogno di voi, state attenti, statemi accanto, dobbiamo camminare insieme. La comunicazione vinceva con l'effetto sorpresa e si apriva alla comunione. Da allora il volto e la parola, il messaggio e la corporeità, la carne e l'anima, i gesti e la voce di Giovanni Paolo sarebbero stati un'unica cosa. Ecco, il bel libro di Elisabetta Lo Iacono, «Se mi sbaglio mi corrigerete. La rivoluzione comunicativa di Giovanni Paolo II» (Edizioni OCD, pp. 227) ricostruisce parole e gesti di un pontificato straordinario. Lo fa con l'obbiettività di uno studio scientifico, dunque con atteggiamento "laico", dedicando numerose pagine alle testimonianze: alti prelati, vaticanisti, fotografi, animatori di associazioni,esperti di linguaggi massmediatici ecc., sono chiamati a riflettere su trent'anni di pontificato e in particolare su Wojtyla "grande comunicatore". Gli accenti sono plurali perché a parlare sono uomini di fede, agnostici, atei, ma convergono nel riconoscere la novità rivoluzionaria di un messaggio. Incarnato in un uomo che parla al mondo come nessun altro aveva saputo fare. Giovanni Paolo II coinvolge, travolge quasi: con lo sguardo, i gesti, le parole. Ha ragione Elisabetta Lo Iacono quando, raccontando stazioni e stagioni di un papato, "svolge" il cartesiano "cogito ergo sum" in un moderno "communico ergo sum", così come, con ragione, subito ci ricorda che questo modernissimo "comunicare" non è figlio dello "spirito dei tempi", ma rinvia all'invito che Cristo volse agli apostoli per chiamarli alla catechesi: " Andate in tutto il mondo e predicate il 'Vangelo' ad ogni creatura". E così Giovanni Paolo II viaggia, incontra i potenti (spesso i prepotenti) della terra, "abbraccia" milioni di persone. Sa comunicare. Oltre la morte, come conferma lo spettacolo della piazza in attesa e in preghiera, che ne piange la scomparsa e lo vuole "santo subito". C'è stato davvero vicino il Papa/Papà. Utilizzando il linguaggio del tempo per dire cose eterne. Ora giovane tra i giovani e capace di scherzare e ridere insieme a loro, ora maturo teologo che indirizza la barca di Pietro. Il Papa polacco, il Papa romano. Il Comunicatore rivoluzionario, il Restauratore della Parola.

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