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Carpi in festa per il mito

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Con tutti gli elementi utili a renderlo completo nel suo farsi, l'arrivo del 1908 fu autentico dramma, con un protagonista e quattro testimoni. Protagonista, Dorando Pietri, giunto disfatto dalla fatica sul traguardo dello stadio di White City al termine della maratona olimpica partita dal castello di Windsor, dopo aver bruciato negli ultimi trecento metri i nove minuti di vantaggio accumulati sullo statunitense John Hayes sullo slancio della formidabile rimonta effettuata nelle ultime cinque miglia. Due testimoni, per decenni immersi nell'anonimato dei più, se non quando, peggio, falsamente e pervicacemente identificati: l'uomo con il megafono, Jack Andrew, direttore di corsa, e l'altro, con il berretto, Michael Bulger, responsabile del servizio medico. Gli altri due, in tribuna: uno scrittore di fama e una donna trepidante. Lo scrittore era Arthur Conan Doyle, inventore di Sherlock Holmes, che la sera stessa del disgraziato epilogo della maratona scrisse per il Daily Mail un appassionato resoconto della gara, enfatizzando la prestazione dell'italiano ed elevandolo ad eroe, come e più ancora degli antichi romani. La donna era Alessandra d'Inghilterra, commossa dall'episodio al punto di ordinare al gioielliere di corte la confezione notturna di una coppa speciale da consegnare personalmente, il giorno successivo, a Dorando. A distanza di cento anni esatti, nella tarda mattinata di ieri, mentre Carpi, dando visibilità alla meravigliosa scultura dedicata all'atleta, viveva forse il momento più significativo delle lunghe pagine del centenario disseminate sull'intero arco dell'anno, in contemporanea partiva dal castello di Windsor un drappello di corridori, ripercorrendo l'antico tracciato della maratona di cento anni prima fino alla strada intitolata all'italiano: atto di fede e di memoria, secondo puntuale, fedele cultura anglosassone, la stessa che aveva vissuto un'altra pagina importante il 30 maggio scorso, quando, ricevendo una delegazione italiana nello stesso castello di Windsor, la regina Elisabetta II aveva voluto toccare con tenerezza, con semplice commozione, l'antica coppa d'argento dorato donata cento anni prima al maratoneta di Carpi dalla nonna Alessandra. Atti importanti, atti di fede e di memoria, degno contorno di una corsa e di una immagine divenute con il tempo metafora di una esemplare avventura umana, dove una immagine, quella dell'arrivo di Pietri sul filo di lana, vale più di cento o mille parole. Dove un episodio di cronaca si fa storia. Dove una corsa diventa, senza retorica, la corsa del secolo.

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