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Alla Festa di Roma arriva Rondi il paladino del cinema italiano

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Alla presenza del sindaco Gianni Alemanno, del governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo, del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, del presidente della Camera di Commercio Andrea Mondello e dell'amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma Carlo Fuortes, il presidente uscente Goffredo Bettini affiderà la guida della Festa romana a Rondi, designato all'unanimità come perfetto trait d'union tra la vecchia e la nuova edizione. Qual è oggi l'opinione di Rondi sul rinato cinema italiano? «Spesso, nelle sue domande televisive, Marzullo chiede ai vari personaggi: "Cosa è per te il cinema?". C'è chi risponde "è uno svago" o "un'evasione", ma per me il cinema è la mia missione e il mio mestiere. E l'obiettivo verso cui ho sempre teso è stato quello del cinema italiano, per questo ho fondato i David e i Nastri d'argento 60 anni fa». È un caso che il cinema italiano risorga soprattutto in tempi di crisi economica? «Credo si tratti di una semplice coincidenza. Nonostante la crisi, la gente va ugualmente nelle sale determinando così il successo economico delle produzioni e del cinema stesso. Quest'anno in modo particolare, come ho già detto al presidente Napolitano durante la cerimonia dei David al Quirinale, per il cinema italiano è stata una stagione felice anche dal punto di vista del mercato. Il Neorealismo, il momento più importante del nostro cinema, è cresciuto ad esempio nella crisi e i film narravano della crisi, delle macerie e del dolore. Poi, la gente si è stufata e dopo quello che ha visto nelle strade, ha preferito andare a vedere la commedia all'italiana perchè soddisfaceva il desiderio di evasione». Durante la sua lunga carriera ha conosciuto i più grandi geni cinematografici: chi tra questi le è rimasto più nel cuore? «Roberto Rossellini era un autentico fratello, l'ho seguito dall'inizio fino ai suoi ultimi giorni. Ho sostenuto tanto anche Vittorio De Sica. È di pochi giorni fa un'intervista al senatore Andreotti che ricorda come grazie a me abbia cominciato ad apprezzare film come "Ladri di biciclette". Ma certo Alessandro Blasetti, l'unico che mi chiamava figliolo, è stato tra i registi più generosi per le sue splendide mutazioni: da prima del Neorealismo, con "1860" del '33, al periodo successivo al Neorealismo con "Un giorno nella vita" del '46, anticipando la commedia all'italiana con De Sica e la Loren, realizzando persino il primo cortometraggio a colori e i film sulla vita notturna che diventarono poi un vero filone. Blasetti ha anticipato i più grandi filoni del cinema italiano. Con Visconti c'era addirittura una lontana parentela, tanto che lui rievocando una battuta del film "Ludwig" mi chiamava mon cousin. Del cinema civile ho apprezzato i film di Damiani, Rosi e Petri. Con Fellini c'è stata grande amicizia e mio fratello Brunello ha scritto tante sue sceneggiature. Ho apprezzato molto anche Bertolucci, ma il film che amo di più è "La notte di San Lorenzo" dei fratelli Taviani. Oggi trovo straordinari Garrone e Sorrentino, sebbene abbia espresso dissensi sul film "Il Divo"». Oltre a quella italiana quale altra cinematografia le è più congeniale? «Quella francese. Per alcuni anni avevo anche realizzato il Festival René Clair, un artista che ho nel cuore. Ma certo mi piacciono anche Chabrol e Cayatte. Non ho avuto molti rapporti con il cinema inglese, mentre ho diffuso per la prima volta i film della Germania Est, come quelli di Konrad Wolf e quelli della Germania Ovest, di Fassbinder e Wenders. Quando Schlondorff vinse con "Il tamburo di latta" la Palma d'oro a Cannes nel 1979, disse pubblicamente che il cinema tedesco era stato diffuso grazie alle mie iniziative». Quali sono per lei le vere grandi dive? «Con la Lollobrigida ho una profonda amicizia e per questo la Loren si sentiva un po' trascurata da me. Ma da liceale ero pazzamente innamorato di Ingrid Bergman. Quando nel '48 Rossellini mi annunciò che sarebbe arrivata a Roma la Bergman e che me l'avrebbe presentata, mi tremarono le gambe. La nostra amicizia è durata a lungo, anche quando iniziò la crisi coniugale con Rossellini e fino agli ultimi giorni della sua vita. Ingrid era molto malata e soltanto a me permise di fare alcune interviste per la Rai, allora non voleva vedere più nessuno». E chi sono invece le star di oggi? «Mastandrea è una grande rivelazione, potrebbe essere un moderno Mastroianni. E poi la Buy ma anche la giovane Alba Rohrwacher che ho già premiato ai David. Alessandro Gassman è bravissimo, lo conosco da bambino e l'ho visto crescere non solo professionalmente».

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