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«Lucio interveniva sui testi di Mogol»

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Da quando è scomparso Lucio ha eretto un muro. E da allora continuo a farmi questa domanda: "Che cosa ti ho fatto, nipote mio?"». Alfiero Battisti, papà del grande cantautore scomparso, affida a «Dipiù», nel numero in edicola, l'amarezza per la totale assenza di rapporti con Luca, figlio di Lucio Battisti. Nell'intervista Battisti senior rivela anche alcuni episodi inediti della vita dell'artista, dai difficili rapporti con la moglie a quelli con Mogol, e afferma di voler «fare chiarezza» sulla morte del figlio chiedendo prima o poi la sua cartella clinica. Alfiero Battisti ammette di aver a lungo ostacolato la carriera del cantautore (una volta ebbe uno scatto d'ira vedendolo suonare invece di studiare e gli spaccò in testa la chitarra). «Lucio era un grande perfezionista, quasi maniacale. Ed era così pignolo che spesso non accettava così com'erano i testi di Mogol. Pochi lo sanno, molti si stupiranno, ma Lucio collaborava attivamente ai testi delle sue canzoni. Difficilmente accettava lo scritto così come Mogol glielo presentava. Più volte ero presente quando lui, ricevendo il testo di Mogol, si metteva a tavolino e ci lavorava». I due artisti «erano in simbiosi. Certo, poi si divisero, ma non per un litigio o misteriosi motivi - afferma Alfiero Battisti - La vera ragione me la spiegò Lucio. «Papà, mi disse, per me è arrivato il tempo di cambiare, di sperimentare, ma non è detto che un giorno non mi rimetta con lui...». Pronta la risposta di Mogol alle insinuazioni di Battisti senior. «Non è vero, assolutamente. Lucio non ha mai detto una parola sui testi delle nostre canzoni. Lo giuro sul mio onore. Mi sorprende molto perchè il papà di Lucio è una persona cara che si è sempre comportata bene nei miei confronti e nei confronti di chiunque». «Sono stupito - aggiunge Mogol - Questo fatto è noto a tutte le persone che ci frequentavano. Decine di persone che ci conoscevano lo possono testimoniare. Lucio non ha mai detto una parola, c'era un grande rispetto reciproco». A questo proposito racconta un episodio, «persino strambo. Quando io a volte, magari cercando un aggettivo, dicevo "accidenti, quale può essere la parola giusta?", lui diceva sempre una parolaccia... Faceva parte del suo senso ironico, era il suo sarcasmo romano».

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