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di DARIO SALVATORI CON Povia, vincitore della 56ª edizione del Festival di Sanremo, avevamo un conto in sospeso.

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Il brano venne eliminato, ma fu la fortuna del cantautore, unanimamente riconosciuto come vincitore morale della rassegna. Un anno dopo Povia ha tentato il bis con «Vorrei avere il becco», un brano forse meno ispirato che però stavolta ha fatto centro. Il miracolo non si è ripetuto — abbiamo avuto la dabbenaggine di sussurrare a Povia — sbagliando clamorosamente. Non solo la canzone ha vinto il Festival ma si avvia a diventare l'inno di quell'Italia che fa «frrr....», la gabbianella solitaria, il manifesto di tutti coloro che vivono su un cornicione e un po' piccioni lo sono veramente. Povia incassa il successo e sorride, salutando commosso mamma, papà, moglie e figlio. Nel Festival delle delusioni, questo Giorgio Consolini fricchettone ci sta tutto, supportato da un esercito di fans che adora il telefonino più che i dischi. Povia è dell'isola d'Elba, luogo di nascita di un piccolo-grande intellettuale già dimenticato, Oreste Del Buono. Scrittore, giornalista ed editore a cui, nella sua intensa carriera, capitò di dimettersi ben 119 volte dagli importanti posti di lavoro che via via avevo occupato, Del Buono passò gran parte della sua attività ad agitarsi. A Povia, l'altro fratello Grimm che non conoscevamo, auguriamo la stessa inquietudine, ricordandogli che il settore musicale adora gli entusiasti della favolistica e gli specialisti della morale dell'infanzia, salvo poi etichettarli a vita. A Roberto Vecchioni non è bastato un quarantennio di attività per scrollarsi di dosso la paternità di «Oh oh cavallo». Ad Angelo Branduardi è andata peggio: per molti rimarrà quello di «Cogli la prima mela» e «Alla fiera dell'Est». E poi si sa, le etichette di Sanremo sono quelle più dure a morire. «Frrrr...».

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