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di GIAN LUIGI RONDI LA TERRA, di e con Sergio Rubini e con Fabrizio Bentivoglio, Paolo Briguglia, Massimo ...

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In «Anima gemella» c'era quello magico, tessuto di credenze popolari. Oggi c'è quello drammatico e sanguigno, in cornici rurali di grande bellezza paesaggistica e architettonica. Si comincia con la terra del titolo. L'ha lasciata in eredità un padre a quattro figli con l'obbligo di venderla solo se tutti d'accordo. Tre la venderebbero subito, compreso Luigi, venuto apposta da Milano dove insegna filosofia, il quarto, Aldo, l'unico a trarne profitto perché due, Michele e Mario, hanno seguito altre strade, si oppone decisamente nonostante gli altri lo accettino a fatica, addirittura definendolo «bastardo», perché non è figlio della loro stessa madre. Da qui un aspro, reciproco contrasto che invano Luigi, il meno coinvolto in quanto ormai estraniato da quella compagine familiare, cerca di avviare a soluzioni positive. Messo presto però fuori strada da un omicidio commesso durante una processione del Venerdì Santo che lo fa dubitare via via dei suoi fratelli perché, almeno due, avevano interesse a eliminare l'uomo assassinato; un truce usurario che in paese ricattava e terrorizzava quasi tutti. La conclusione, naturalmente, sarà quella che nessuno si aspettava... Uno scontro familiare, perciò, in cui tutti i rigurgiti del passato vengono a galla, senza mai note nostalgiche, al contrario, e anche un giallo, con quella rete di sospetti che finisce per soffocare non solo Luigi, cui tutta la vicenda finisce per fare capo, ma via via l'intero paese, tra accuse, allusioni, mormorii sempre più laceranti e insistenti. Rubini, che fra tutti i personaggi ha scelto di interpretare, rendendosi irriconoscibile, proprio quello dell'usuraio, ha portato avanti tutti gli altri in climi di effetti fortissimi, opponendoli con risentimenti duri gli uni agli altri; suscitando, alle spalle di ciascuno, ambienti, motivazioni, ragioni sempre diversi; pur lasciando che in mezzo, comportandosi da protagonista, Luigi tenti, alla fine con successo, di sciogliere gli interrogativi e i nodi che infittiscono un'azione fatta svolgere, spesso, con senso vivido del cinema. Si veda, per un esempio, quella processione paesana di funebre concentrazione (e non solo per l'omicidio che la sconvolge). Nei panni di Luigi c'è Fabrizio Bentivoglio, con una maschera tesa e lacerata. Gli altri fratelli sono Emilio Solfrizzi, un affarista di provincia, Massimo Venturiello, il focoso «bastardo», Paolo Briguglia, il più giovane, dedito a opere pie. Preda, ciascuno, di molte contraddizioni.

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