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di DIEGO GABUTTI EDDA E GALEAZZO Ciano, dopo una vita che poteva essere spesa meglio, lui un arrivista, ...

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È un epilogo sconvolgente, ma non solo per loro. È un epilogo sconvolgente soprattutto per la nazione che gira intorno al fascismo caviar, di cui Edda e Galeazzo, che governano il jet set delle terrazze romane e delle spiagge capresi, sono stati l'icona. A finir male è prima di tutto l'Italia che Mussolini, con la complicità dei gerarchi (Galeazzo compreso) che poi lo sbalzeranno dal trono, ha sacrificato alla guerra nazifascista, un dio feroce e demente, che pretende sacrifici umani a centinaia di migliaia e non ascolta le preghiere di nessuno. Non sembra vero, ma all'inizio è una qualunque storia da rotocalco, come oggi se ne leggono anche troppe: il matrimonio, l'ambasceria di Galeazzo in Cina, le corna, Capri, il poker fino alle prime luci dell'alba. Giordano Bruno Guerri, che racconta le avventure della coppia nel suo ultimo libro, «Un amore fascista», Mondadori, 300 pgine, 18 euro, regge con la solita maestria i fili d'una storia che vira all'improvviso dal rosa al nero, come nel più crudele dei romanzi balzachiani. Vediamo Edda e Galeazzo nel giorno del loro matrimonio: il Dux li insegue in automobile, quando partono per il viaggio di nozze, perché non vuole (lui, un duro, Mascellone) che la figlia lo abbandoni. Partecipiamo alla loro prima notte di nozze: lei che si chiude nel bagno, lui che sbuffa discreto. Poi finiscono in Cina, dove lui va a caccia di gonnelle e si cala nella parte del più giovane diplomatico sulla piazza mentre lei raccoglie preziosi souvenir, tanto paga Pantalone. Lei è di carattere duro, come papà: vuole raddrizzare la schiena agl'italiani e, di passaggio, anche godersi fino in fondo la vita, tra amorazzi e beveroni ghiacciati. Lui, invece, a differenza del suo babbo, Costanzo Ciano Conte di Castellazzo, che affiancò il Vate nella Beffa di Buccari e in guerra fu un fegataccio, è di carattere ondivago e pacioso. Molliccio come un lumacone, profumato di coty, un monumento alla brillantina, Galeazzo s'accontenterebbe di godersi la vita, se solo potesse, ma il potere assoluto è una droga potente e così prende gusto alla grande politica, di cui diventa per via matrimoniale l'enfant gaté. Lei è ferocemente hitleriana, mentre lui è sì un imperialista che vuole fortissimamente vuole l'intervento in Spagna e l'annessione dell'Albania all'Impero di cui il Regime ha fatto dono al re nano, ma è un imperialista pantofolaio e panciafichista, senza grilli nibelungici per il capo. Se Edda è una fascistona convinta, tanto ammira e stravede per il suo papà, Galeazzo è fascista solo per convenienza, così come per convenienza avrebbe potuto essere (all'occorenza, in un'Italia ucronica) anche socialista o liberale e persino comunista. «Fascista», del resto, è una parola grossa: Giuseppe Bottai a parte, almeno secondo Giordano Bruno Guerri, i fascisti praticamente non esistono, come non esistono gli orchi e la Befana. Esistono gli antifascisti, loro sì, perchè hanno uno scopo nella vita, fare di nuovo dell'Italia un paese civile, ma non esistono i fascisti, che di scopi non ne hanno nessuno, se non chiacchiere avvinazzate da comizio dannunziano. Persino Mussolini, più che un fascista, è un "mussoliniano", al pari di tutti i suoi seguaci. Autoritario, esibizionista, fondamentalmente incolto, il Duce del fascismo è un demagogo di provincia assunto nei cieli della politica internazionale e la sua idea d'un paese ordinato» (oggi diremmo d'un «paese normale») non s'ispira alle geometrie gerachiche d'una caserma prussiana ma agli schiocchi di frusta d'un domatore di circo equestre. Galeazzo, che ha fatto buoni studi, da primo della classe, è stato iniziato all'età adulta nei caffè letterari, mentre suo suocero è nato al mondo nelle sezioni socialiste, tra i proletari. Non potrebbero essere più diversi. Ma finiscono per somigliarsi: Mussolini Dux invidia al

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