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È di Donatello il bassorilievo scoperto da Zeri

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Al centro un mistero: un bassorilievo di splendida fattura riconducibile alla mano di un certo Donato di Niccolò di Betto Bardi, alias Donatello. È l'appassionante vicenda che per anni ha coinvolto i ricercatori italiani nel tentativo di chiarire provenienza, datazione, aspetti iconografici e paternità del monumentale frammento marmoreo raffigurante una "Madonna fra tredici cherubini in atto di porgere due corone". Il capolavoro, ora definitivamente attribuito, pur con qualche residuo dubbio, al grande scultore fiorentino, ieri è stato presentato alla comunità scientifica, alla presenza di Claudio Strinati, soprintendente per il Polo Museale romano e di Antonio Paolucci, che ricopre la medesima carica a Firenze. L'opera, visibile da oggi fino a domenica a Palazzo Venezia, raffigura la Vergine che regge due corone, una con la mano sollevata, in atto di porgerla, l'altra in grembo. Intorno una folla di cherubini, alcuni più in evidenza, altri appena accennati. Il frammento, di proprietà privata, era collocato nell'antica tenuta Saccoccia, a Mentana, un tempo appartenuta all'ordine degli Antonini. Già Federico Zeri negli anni Novanta ne fu folgorato e sostenne la tesi della paternità donatelliana, ma solo le recenti ricerche hanno consentito di risolvere l'enigma. Un'equipe guidata da Giancarlo Gentilini e Marco Pizzo ha appurato che l'opera faceva originariamente parte di una lunetta raffigurante la "Triplice incoronazione di Santa Caterina da Siena", che adornava il monumento sepolcrale dedicato nel 1430 a Caterina, allora solo Beata, in una cappella della Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva. Donatello l'avrebbe scolpita durante il soggiorno romano, tra il 1430 e il 1433, quando realizzò anche il "Tabernacolo del sacramento" in San Pietro e la "Lastra tombale Crivelli" all'Aracoeli. La complessità della lavorazione, la pesantezza del manto della Vergine, che quasi le crea impaccio, finendole sotto i piedi, la postura della figura, con le gambe non in asse, e soprattutto la folla di cherubini che la circonda, insieme a numerosi particolari, trovano riscontri in altre opere firmate da Donatello, come "L'Incoronazione della Vergine", la "Madonna di Boston", o "L'Assunzione" del monumento Brancacci. L'angelo collocato sotto il piede della Madonna è quasi un calco di quello della "Deposizione" del Tabernacolo di San Pietro anche se non convince il profilo della Vergine, forse riconducibile a un intervento successivo. È inoltre probabile che, alcuni collaboratori abbiano affiancato lo scultore. La chiave di volta per l'attribuzione è una lettera datata "Roma, 28 aprile 1592", in cui l'agente d'arte Marco Antonio Dovizio propone al collezionista Braccio Valori l'acquisto di "figure di bassorilievo di Donatello" per la somma totale di cento scudi, sessanta dei quali richiesti solo per l'opera di maggior valore, raffigurante "S. Caterina, che sta devota inginocchione con le mani giunte". Non solo la descrizione della Vergine corrisponde esattamente al frammento a noi pervenuto, ma se ne ricava che l'opera è stata smembrata, forse per meglio collocarla sul mercato, in tre parti, due dei quali, la Santa Caterina e il Gesù, mai ritrovate. Il bassorilievo era finito sul mercato perché il Sepolcro di Santa Maria sopra Minerva, dopo essere stato ricostruito nel 1466 dai Capranica, nuovi proprietari della cappella, fu poi smembrato nel 1573-9. Dell'originario monumento del 1430 resta però ancora oggi la figura giacente di Santa Caterina, tuttora anonima, collocata su una cassa di fattura successiva. Il volto della santa, dimostra, secondo Gentilini, "una complessità e densità espressiva che fanno ancora pensare a Donatello", il quale, si può ipotizzare, avrebbe poi lasciato ad altri la lavorazione del corpo, per fare ritorno al cantiere del pulpito di Prato. Quella santa distesa potrebbe quindi celare un'altra gr

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