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CHI ERA Carlo Maria Giulini? Se pensassimo ad un pittore ci tornerebbe a mente il Beato Angelico; se ...

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Non sempre avviene che le qualità artistiche siano nell'artista pari a quelle umane. Il Nostro era invece uomo che l'umanità trasfusa nella propria sensibilità d'interprete serbava intatta nel rapporto con la dimensione quotidiana dell'esistere: talché della sua proverbiale signorilità, della matura mitezza del carattere - ch'era altresí tolleranza, saggezza e, specialissimamente, intelligenza delle cose - traevano convenienza quanti operavano e suovano con lui. Un sorvegliato entusiasmo, vieppiú smussato all'apparenza da un natía verecondia, era la cifra distintiva del direttore scomparso. Egli voleva, ricercava ed investigava, non meno del rapporto interpretativo con gli esecutori, la «comunanza» di consapevolezza e di felicità che il far musica assieme esige: sí che a domandargli ciò che piú lo commovesse di un'orchestra da cui cavava appagamenti musicali, rispondeva senza esitazione essere il piacere che quell'orchestra provava nel suonare. Al comando della sua bacchetta, equanime e ponderata, la compagine strumentale non pareva subire la minacciosa perentorietà del gesto direttoriale, non plasmarsi secondo un modello da altri statuito ed additato, non cedere ad un'imposizione stilistica: ma era come inavvertitamente attratta e sedotta da un gesto, peraltro non «bello», che nell'evidenza della spontaneità, nella subitezza e pregnanza dell'emozione, invitata a sé e persuadeva dei modi di sentire lumeggiati. Limitato il suo repertorio, nella considerazione della duplice necessità, avvertita dall'interprete, di scavare e perscrutare ad infinitum i testi prescelti, e di scegliere solo quelli che all'interprete è conceduto di comprendere ed amare toto corde: nell'affinità, per cosí dire, delle tensioni fra compositore ed esegeta. L'ideale interprtetativo di Giulini prediligeva, fra le altre sublimi dell'età classico-romantica, le poetiche e l'arte di Franz Schubert e di Johannes Brahms, e piú in là nel tempo, di Gustav Mahler, o siano quegli autori che accolgono e rispecchiano nel linguaggio i flussi della memoria. La memoria: lirico afflato di conservazione stretto all'elegía del presente. La predilezione s'estendeva a Mozart ed a Beethoven, per i quali nutriva una sorta di venerazione e nei confronti dei cui capolavori era solito confessare tutta la propria magistrale «incapacità» a toccare le vette sideree. Per contro, tacita e netta chiusura al Novecento inoltrato e postremo, notoriamente sentina di sozzure e baldraccate in suono. Far musica era per Giulini professione ed esercizio di mistica: definizione ed estrinsecazione del rapporto, sub specie aesthetica, fra Dio e l'uomo. La musica quale emanazione divina, il musicista quale sacerdote del prodigio trascendentale. Dunque, presiedeva al clima sonoro evocato dal Maestro l'equilibrio della forma e della costruzione classicamente atteggiata, ove assumono fascinoso anelito lirico i modi dell'affetto che emanano tanto fuoco interiore quanto ritegno d'accenti, i colori delicati che pulsano e traspaiono dai segreti meandri del pathos, quei moti lenti, maestosi ed avvolgenti che blandiscono l'impulso della concretezza e dell'attualità drammatica in sonorità poetiche di trascorsa leggenda. Risultavano cosí conseguenti talune sue peculiarità interpretative quali lo stacco dei tempi per solito improntati a soavi larghezze: quasi a diffondere ulteriori lumi di canto sulle mezzetinte e nelle pieghe della musica, con l'eguale dignità che si deve ai nodi vitali e decisivi della medesima musica. Giulini non dava sul podio l'impressione del direttore analitico, alla tedesca: di coloro che controllano e conducono ad una ad una ogni sezione strumentale dell'organismo sinfonico; sembravano, invece, le sue indicazioni assumere valore ed avvertenza complessivi. Mai in Giulini il greve compiacimento virtuosistico o la volgare affettazione del gest

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