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di DARIO SALVATORI ALTISSIMA concentrazione di novità librarie da parte di cantanti, cantautori e musicisti.

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Ma in fondo i cantautori sono sempre in lizza con qualcosa o qualcuno, magari con se stessi, con il pubblico, con la televisione, con questi benedetti dischi che non si riescono più a vendere. A molti il disco non basta più, o meglio denuncia apertamente tutti i suoi limiti, meglio allora trovare altre strade, rincorrere una creatività che può passare da altre parti. Le esigenze letterarie dei nostri cantautori non sono comunque fasulle, nascono da motivazioni reali, anche se ognuno si esprime in un codice diverso. Fino ad oggi i libri di maggior successo rimangono quelli di Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Paolo Conte e Ligabue, vale a dire cantautori che hanno sempre affidato al racconto e al filo narrativo delle storie in musica il potere evocativo delle loro produzioni. Alla stessa generazione appartiene Roberto Vecchioni, che ha appena pubblicato «Il libraio di Selinunte» (Einaudi), terzo episodio della carriera letteraria del "professore". Si tratta di un romanzo breve, o racconto lungo, forse un semplice pretesto per guardarsi dentro, per parlare di sé. Narra la storia di un libraio atipico, che invece di vendere libri preferisce leggerli e di un bambino che si reca di nascosto nella sua bottega. Il bambino si innamora di questa figura e grazie a lui assorbe le mille storie che nei libri sono custodite. Quando un giorno gli abitanti del villaggio, mossi dall'odio e dall'invidia, bruciano la libreria, si accorgono con terrore che con le parole spariscono anche le cose che queste nominavano. Il libraio è introvabile, forse morto nel rogo. Sarà il ragazzo a scoprire dentro di sé la sua voce perduta e quando vicino al tempio vede le proprie parole farsi pagina sul mare, capisce che queste sono ancora vive e che le cose si salveranno. C'è dentro un po' di favolistica nordica, ma anche lo spunto per una nuova canzone. Decisamente autobiografico è da ritenersi «Cosa resterà...» (Mondadori) di Raf, legato ai suoi ricordi, alla passione precocissima per la musica, alla fuga di casa e finalmente ai primi successi. 44 anni, barlettano, Raffaele Riefoli, suo vero nome, sembra indugiare su una success-story dai toni enfatici e comunque esagerati per un cantautore italiano. Da ignorare le lezioni di vita e le schegge di filosofia - del tipo come migliorare il mondo anche a partire da una canzone - da rivalutare,invece, le sue rivelazioni sul mondo della musica pop. È questa, insieme agli aneddoti, la parte più interessante del libro. Debutto editoriale anche per Vinicio Capossela, autore di «Non si muore tutte le mattine» (Feltrinelli), un libro già in classifica, che narra l'epopea (e anche un po' la rivincita) dei perdenti. Un linguaggio originale ma difficile da seguire, acceso da improvvise visioni e popolato da musicisti e fantasmi dell'anima. Un libro in qualche modo pretenzioso, quasi metafisico, molto vicino alle contaminazioni musicali che hanno reso popolare il cantautore. Racconto disegnato si potrebbe definire «Autoritratto» (Edizioni Chiaroscuro) di Luca Carboni, un cantautore che anche sulla pagina e nel disegno sembra voler mantener fede al suo mondo poetico. Incontri, oggetti, piccoli e grandi stati d'animo, la notte, ritratti di donne, città, portici, bandiere, il tutto in uno spazio intimo, in cui i pennarelli del cantautore hanno lo stesso ruolo degli accordi. Attesissima, infine, l'autobiografia di Sting, «Broken music» (Mondadori), in cui la più sopravvalutata star degli ultimi vent'anni narra la sua vicenda: dalla dura realtà industriale di Newcastle ai primi successi con i Police. Qui l'ambizione del musicista inglese è quella di uscire fuori dai canoni della rock-star e del suo mondo. Ci riesce grazie ad un talento narrativo sorprendente, utilizzando qualche versione apocrifa della sua carriera di musicista.

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