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di LORENZO TOZZI IL NOME di Elettra Morini, moglie di Tony Renis, evoca gli anni d'oro del balletto scaligero.

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Il racconto della sua vita sembra una fiaba dei nostri giorni. Ma è tutto oro quello che luccica nella danza? «Sono stata tra le prime ballerine classiche a partecipare a programmi tv. Oggi si dice che la danza sul piccolo schermo fa scendere l'audience. Affermazione che fa strabuzzare gli occhi. A Sanremo a Roberto Bolle è stato imposto di ballare solo per 2 minuti, ma dopo l'esecuzione sembrava troppo poco». Viene un momento in cui uno sente di dover smettere...E per i danzatori avviene troppo presto. «Quando ho smesso di ballare mi sono resa conto che dalla platea sembrava tutto facile. Invece nella realtà dietro le quinte ci sono il fiatone e i dolori: fa parte della disciplina dover fare tutto perfetto senza far trasparire la fatica. La danza classica è contraria alla natura. Ricordo che alla Scala la nostra direttrice, Esmée Bulnes, teneva uno scheletro nel suo studio e ci mostrava i movimenti su di lui. Lo chiamava "Caspita" perchè tutti dicevano "caspita" al vederlo». C'è una disciplina di ferro.. «La disciplina deve essere sempre ferrea altrimenti non si potrebbe danzare. Oggi la danza é migliorata tecnicamente, ma a discapito dell'espressione e del sentimento». Quando ci si rende conto di lasciare? «Non tutti se ne rendono conto. Io avevo uno stile mio. Oltre al classico, balletti spagnoli e di carattere. Avevo un fisico dall'espressione forte, il contrario della eterea Fracci. Avevo un altro temperamento sulla scena, ma poi si è persa questa danza e non è stata più coltivata. L'ultimo spettacolo fu Romeo e Giulietta nel 1981. Io ero la nutrice con Nureyev e Fracci protagonisti e la Fonteyn madonna Capuleti». Ci sono molti problemi connessi allo sforzo fisico... «Ricordo di aver avuto uno strappo al polpaccio e mi dovetti fermare. Si dovette sospendere l'Amor brujo di De Falla...» Ma non è che la danza pretende molto e dà poco in cambio? «Economicamente dà poco. Allora eravamo pagati molto meno di attori o cantanti lirici. Eppure il lavoro è tanto ma dà molto come soddisfazione personale. La cosa più grande che mi porto dentro è l'educazione e la disciplina. E l'amicizia con tanti colleghi dopo tanti anni. Ma oggi vale più la battuta di un comico che uno spettacolo d'arte, oggi si ride per niente. Io non ho rimpianti: mi sono divertita più dei coetanei anche se non andavo in discoteca. Oggi sento il mio corpo e ne riconosco i dolori più di un dottore. Sono stata fortunata».

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