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Guai dire male dell'eclettismo Guardate il Villino Folchi

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175) viene ora recuperato tanto ad uno stato di doverosa dignità edilizia che alla conoscenza anche dei «non addetti ai lavori». Posto sull'area di quella che era stata un tempo Villa Ludovisi (e in antico i celeberrimi Horti Sallustiani), la più bella delle dimore aristocratiche romane, il villino Folchi si affaccia all'incrocio tra Via Boncompagni e Via Marche. L'edificio ha la singolare struttura di due corpi di fabbrica, di diseguali dimensioni e pregio costruttivo (il maggiore a destinazione padronale; quello minore da affittare, così da procurare il reddito occorrente alla manutenzione del complesso), distanziati da un giardino. Il suo interesse deriva dal fatto di essere uno dei più pregevoli esempi di residenza altoborghese realizzati a Roma dopo il 1870 e prima della diffusione del gusto Liberty. Più esattamente, il villino Folchi - realizzato nel biennio 1886-'87 - interpreta le istanze tipicamente romane di un eclettismo di matrice storicistica, con una mescolanza di elementi decorativi classicisti e rococò: un indirizzo stilistico a lungo e ingiustamente trattato con sufficienza dagli storici. Del resto, come ricorda giustamente l'architetto Di Paola, Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma, questa «scelta classicista degli architetti romani trovava genesi e legittimazione culturale nel contatto diretto con gli esempi eclatanti della romanità». A Paolo Portoghesi, che firma anche un testo del volume, spetta il merito di una prima rivendicazione, con un saggio del 1968, «L'eclettismo a Roma», appunto. Progettista dell'edificio fu l'architetto Giovanni Battista Giovenale (1849-1934), una delle figure di spicco dell'ambiente architettonico romano tra '800 e '900, fondatore e presidente della benemerita Associazione Artistica tra i Cultori di Architettura e attivo anche sul terreno del restauro. Al punto che è proprio di tale natura il suo intervento più noto, il restauro «creativo» della basilica medievale di S. Maria in Cosmedin. Ma spetta al villino Folchi costituire il più significativo edificio interamente realizzato da Giovenale tuttora esistente a Roma (demolito è stato purtroppo il Museo Petriano). Singolare risulta anche la figura del committente e primo proprietario dell'edificio, monsignor Enrico Folchi (1838-1919; ne scrive nel libro Giovanna Paciucci). Responsabile delle finanze vaticane sotto il pontificato di Leone XIII, più volte in procinto di essere creato cardinale e inizialmente legato di amicizia con il pontefice (si diceva che quest'ultimo avesse seguito la costruzione del villino), il prelato finì poi in disgrazia e privato di tutti gli incarichi, in quanto accusato non senza motivo di aver causato pesanti perdite finanziarie alla Santa Sede per avventate speculazioni con la Banca Romana e la francese Le Crédit, poi fallite. Davvero niente di nuovo sotto il sole.

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