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di DARIO SALVATORI IMPERDIBILE ricorrenza per la Francia della musica: 40 anni fa, l'11 ottobre ...

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Radio, TV, teatri e un intero quartiere - Menilmontant, dove nacque nel 1915 - le dedicheranno l'intera giornata. La sua voce magnetica e la leggenda della sua vita di povera ragazza diventata regina della ribalta sono memorabili. In Francia il cinema con «Edith e Marcel» - il film di Claude Lelouch dedicato alla sua sfortunata storia d'amore con il pugile Marcel Cerdan - e la televisione che periodicamente propone le sue canzoni continuano a tenere vivo il ricordo. Edith Piaf è stata senz'altro la principale «chanteuse realiste» della sua epoca. E quando il pubblico gradiva «Milord», «L'hymne a l'amour» o «Non, je ne regrette rien», dava l'impressione di partecipare ai suoi trionfi ma comprendeva anche le sue tragedie. Sapeva affrontare l'inevitabile, amava i suoi simili. Aiutava i meno fortunati e desiderava lanciare una nuova generazione di chansonnier, molti dei quali non ce l'avrebbero fatta senza il suo aiuto, a cominciare da Yves Montand a Charles Aznavour, da Georges Moustaki a Francis Lai. Edith Piaf per il pubblico francese, e in genere per quello europeo (non volle mai cantare in Inghilterra, ma lo fece in Usa) è più di una cantante: è l'incarnazione del momento in cui, nella cultura moderna, canzoni e vita si sono saldate. Nella ricorrenza del quarantennale della sua morte rimane da stabilire il perché della sua relativa popolarità italiana. Forse perché le sue canzoni furono scritte quasi esclusivamente nella lingua dei bassifondi parigini, un dialetto non dissimile dal cockney inglese, difficile da tradurre e da capire.

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