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di GIAN LUIGI RONDI STASERA la 60.

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Me lo ha assicurato il mio vecchio amico Moritz de Hadeln che è l'unico, avendolo scelto, ad aver visto il film. Prima, però, ci sarà un cortometraggio di tredici minuti, prodotto dalla Medusa e realizzato da Antonello Sarno, intitolato «Venezia 60». Il pubblico lo applaudirà molto, noi, definiti addetti ai lavori, che ci siamo in mezzo, correremo il rischio di commuoverci troppo. Perché, mettendo insieme con molta perizia immagini tolte ai cinegiornali dagli anni della prima Mostra, nel '32, a quella dell'altr'anno, ci squaderna di fronte una galleria di personaggi cui molti di noi sono stati legati e che oggi, purtroppo, non ci sono più. Sessanta mostre sono tante, gli anni che hanno attraversato non si contano certo sulle dita, così il cortometraggio — che ieri pomeriggio è stato presentato a noi critici in Sala Volpi — è come se ci raccontasse di molte vite, del loro fiorire e del loro appassire, fino ad uscire di scena. Naturalmente, però, senza arrivare solo alla malinconia dei congedi, c'è uno spazio anche per la curiosità (per noi, comunque, anche quella un po' malinconica) degli anni che, passando, lasciano il loro segno, nonostante, nel cinema, specie certe dive, siano bravissimi a non dare troppi spazi a questi segni. Ecco così Alida Valli nel '41, premiata per «Piccolo mondo antico», ecco Kirk Douglas, barbutissimo nel '53, corteggiare una Anna Maria Ferrero quasi ragazzina, ecco la prima volta di Sophia Loren, abbronzatissima, che riceve nel '58 la Coppa Volpi per «Orchidea nera», per arrivare a Gina Lollobrigida «madrina» della Mostra nel '71 a Michelangelo Antonioni e Monica Vitti felici nel '64, per il Leone d'Oro a «Deserto rosso», a Margharethe von Trotta, prima donna a vincere un Leone d'oro (per «Anni di piombo» nel '95), a Ermanno Olmi anche lui Leone d'oro per «La leggenda del Santo Bevitore» nel '92. Mi sono visto anch'io, giovane critico, intento nel '52 a leggere Il Tempo sugli scalini dell'hotel Excelsior, vicino a René Clair, e poi, nel '93, come presidente della Biennale, presenziare alla cerimonia di chiusura della Mostra di quell'anno, con il Leone d'oro a Ingmar Bergman. Ma in mezzo, tanti amici perduti, con una lunga citazione di Alberto Sordi, ripreso mentre canta, raccogliendoli vicino Anna Magnani, Paolo Rossellini, Ingrid Bergman, Fellini e Giulietta Masina, Maurice Chevalier e Jean Cocteau. Con immagini rapidissime, montate con meditato fervore, con musiche che, firmate soprattutto da illustri compositori per il cinema, a cominciare da Ennio Morricone, scandiscono, di anno in anno, di Mostra in Mostra, i singoli eventi. Cinema serio da lodare, ma anche, sia pure nello spazio di soli tredici minuti, un monumento al ricordo. Anche se debbo ripeterlo per molti di noi quel ricordo è rimpianto.

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