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Coronavirus, parte la sperimentazione col plasma degli immuni

Katia Perrini
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L'Istituto Superiore di Sanità e L'Agenzia italiana del farmaco «sono impegnati nello sviluppo di uno studio nazionale comparativo (randomizzato) e controllato per valutare l'efficacia e il ruolo del plasma ottenuto da pazienti guariti da Covid-19 con metodica unica e standardizzata». Ne dà notizia in una nota l'Aifa. Il plasma dei soggetti guariti «viene impiegato per trattare, nell'ambito di questo studio prospettico, malati affetti da forme severe di Covid-19». Allo studio «partecipano diversi centri, a cominciare da quelli che sin dall'inizio di marzo ne stanno già valutando a livello locale l'efficacia». Questo progetto, spiegano Aifa e Iss, consentirà «di ottenere evidenze scientifiche solide sul ruolo che può giocare l'infusione di anticorpi in grado di bloccare l'effetto del virus e che sono presenti nel plasma di soggetti guariti dall'infezione da nuovo coronavirus». «Prevedo che i risultati della sperimentazione in corso in più ospedali sul plasma iperimmune per i malati di Covid-19 saranno buoni, perché lo sono stati in tutti questi anni. Ma dobbiamo comunque aspettarne la pubblicazione. E quando si sarà stabilito e confermato che qualcosa funziona, dobbiamo organizzarci per fare in modo che sia disponibile in tutti gli ospedali con malati Covid». A invitare alla cautela nel dibattito è lo scienziato Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri che tocca anche il tema dell'accessibilità delle terapie. «Quella del plasma iperimmune è una tecnica ricchissima» di esperienze, spiega all'Adnkronos Salute. Gli esperti ricordano che è stata usata anche in occasione della pandemia di influenza Spagnola. «Anche per la poliomielite - aggiunge Remuzzi - e ha dimostrato di funzionare con Ebola se guardiamo agli anni più recenti. È molto probabile che lo studio che si sta facendo in Italia, coordinato dal Policlinico San Matteo di Pavia, sia in dirittura d'arrivo. Non appena pubblicato avremo i risultati e potremo dare un giudizio, però la sensazione è che sarà una terapia efficace». Ha dei limiti? «È una procedura complessa - precisa Remuzzi - Al donatore sottrai altro oltre agli anticorpi e al ricevente può creare problemi emodinamici, ma in mani esperte questi limiti non ci sono. E se ha avuto efficacia in altre malattie è verosimile che funzioni anche contro Covid. Il plasma va dato probabilmente precocemente e così gli anticorpi dovrebbero riuscire a neutralizzare il virus, se la malattia è troppo in là è possibile che vada avanti da sola». «Trovo però importante - puntualizza Remuzzi - non dare illusioni agli ammalati senza dare prima le soluzioni. Se gli studi dimostreranno l'efficacia della tecnica ci si dovrà organizzare per renderla disponibile a tutti coloro che ne possono beneficiare. E questo si può fare attraverso il piano nazionale sangue. Abbiamo infatti un Centro nazionale sangue con un direttore bravissimo che sarà in grado di organizzare una raccolta del plasma dalle persone guarite. È un gesto molto bello perché ne troviamo tantissimi disposti a compierlo. E poi va garantita la diffusione in tutti gli ospedali. Perché sarebbe brutto se un paziente si sentisse rispondere "noi qui la terapia con il plasma non la facciamo". Che questa cosa non funzioni solo nei posti dove si è fatto lo studio». 

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