
Conclave e dossier, l'audio con la Gendarmeria che può riaprire il caso Becciu

Una conversazione collegherebbe gli inquirenti d'Oltretevere a Francesca Chaouqui che smentisce: "Parlai solo col Papa"
Un dossier con un audio e delle chat, spuntato all'improvviso dal Vaticano, riaprirebbe il caso Becciu. In particolare una conversazione, che Il Tempo ha potuto esaminare, collegherebbe gli inquirenti d'Oltretevere a Francesca Chaouqui, grande accusatrice dell'allora capo della Segreteria di Stato della Santa Sede, Angelo Becciu. Il porporato che proprio in queste ore è al centro del più grande caso ecclesiastico dei tempi recenti. I cardinali dovranno infatti decidere, nelle prossime ore, se potrà o meno entrare nel Conclave che eleggerà il nuovo Pontefice. E dopo le lettere che sarebbero state firmate dal Papa, ma sulla cui autenticità ancora si discute, il dissidio tra Chaouqui e Becciu nascerebbe paradossalmente proprio da un'altra lettera del Papa, che sembra essere l'ennesimo falso che circola in queste ore in Vaticano.
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Ora c'è pure l'audio tra il commissario della Gendarmeria vaticana, Stefano De Santis, e la Chaouqui, in cui il gendarme parla della ritrattazione di monsignor Alberto Perlasca, all'epoca dell’affare del palazzo di Londra a capo dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Una circostanza del tutto smentita da Chaouqui, che contattata telefonicamente dal nostro giornale ha assicurato: «Non ho mai parlato dell'inchiesta su Becciu con nessuno degli inquirenti. Io parlavo sempre e soltanto con Papa Francesco». Eppure questo dossier sarebbe spuntato nelle scorse settimane, dopo il ricovero di Jorge Mario Bergoglio al Gemelli. E sta creando un caso nel caso. Si tratterebbe, infatti, di conversazioni che proverebbero, secondo fonti vicine al defunto Pontefice, l'esistenza di un'inchiesta personale che Sua Santità avrebbe affidato ad alcuni esponenti del Vaticano.
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Tra questi la stessa Chaouqui, in una veste non istituzionale, membri della Gendarmeria e altri funzionari pontifici. Un'inchiesta che avrebbe avuto come fine l'individuazione di corvi dentro San Pietro, l'accertamento di condotte infedeli, il tracciamento dei conti e soprattutto l’attività che veniva svolta per conto della Santa Sede da Cecilia Marogna, oggetto dell’indagine che il Papa avrebbe svolto personalmente con l’aiuto della Chaouqui. Di tale inchiesta sarebbero rimaste tracce che, fino a poche settimane fa, erano a esclusiva disposizione del Pontefice e dei suoi fedelissimi. Ma ora che Bergoglio è morto sono trapelate. E sembrerebbero rafforzare i dubbi del cardinale Becciu, che ripete fin dall'inizio dello scandalo di essere stato vittima di un complotto o di qualcosa di così grande che ora apre altri gialli.
Nell'audio tra De Santis e Chaouqui, il commissario vaticano direbbe alla Chaouqui cosa dire a Perlasca per la ritrattazione, quella testimonianza che rappresenta la svolta nell'inchiesta contro Becciu e che segue quell'«ultima cena» del 5 settembre 2020 al ristorante romano Lo Scarpone, dove Perlasca invita Becciu e videoregistra la loro conversazione, durante la quale il cardinale, saldo nell’idea della separazione tra Stato e Chiesa, critica la perquisizione autorizzata dal Papa alla Segreteria pontificia. Un’opinione politica buttata lì in un momento conviviale con un amico, che invece verrà fatta ascoltare a Bergoglio, insieme agli altri elementi raccolti nell'inchiesta per far passare Becciu come un ladro. Una trappola inaspettata, quella che Perlasca tende all'amico cardinale, visto che il monsignore, fino al maggio precedente, aveva difeso a spada tratta Becciu, dicendo ai magistrati che il porporato non aveva nulla a che fare con la compravendita del palazzo di Londra. Alla fine di agosto, invece, la situazione cambia.
Perlasca prima consegna una memoria piena di accuse senza fondamento nei confronti del suo superiore e, alla fine, diventa il principale accusatore di Becciu. E ora l'audio svelato dell'inchiesta apre ad altri gialli. Al punto tale da rimettere addirittura a posto i pezzi di un grande racconto di spie che non era chiaro, né era stato risolto nel corso del processo del secolo contro Becciu. Perché in quel dibattimento di primo grado, finito con la condanna del porporato a cinque anni di reclusione per due peculati e una truffa aggravata scaturiti dall'affare della compravendita del palazzo di Londra, le difese degli imputati avevano più volte chiesto di desecretare le conversazioni, senza alcun esito.
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C'è il giallo, rivelato a Il Tempo da fonti vaticane, di un improvviso soccorso a Perlasca, trovato imbottito di farmaci, che non avrebbe assunto lui, nella sua stanza a Santa Marta nel giugno del 2020. E c'è il tassello mancante che potrebbe svelare il mistero delle circostanze che hanno portato al decreto di sequestro, datato 20 marzo 2020 e firmato dal promotore Alessandro Diddi, di due conti correnti in due banche di Lubiana, intestati alla società Logsic O.O e riconducibili alla Marogna. A smascherare la manager sarda sarebbe stata la stessa Chaouqui, che in una trasferta sotto copertura in Slovenia avrebbe ricollegato quei conti e avrebbe subito informato il Papa. E sempre lei, allertata da un investigatore privato amico della Corona inglese, avrebbe seguito, nel 2019, Marogna e Becciu nell'hotel di Londra, dove era previsto un incontro per la compravendita del palazzo di Sloane Avenue. Insomma, una vera e propria spy story alla Dan Brown che rischia di attraversare direttamente il Conclave.
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