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Ilaria Salis, ipotesi domiciliari in Italia o in ambasciata. Il padre da Nordio e Tajani

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Domiciliari in Italia o nell’ambasciata in Ungheria. Dopo l’incontro con il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il padre di Ilaria Salis, Roberto, ne parlerà lunedì a Roma con i ministri degli Esteri, Antonio Tajani, e della Giustizia, Carlo Nordio. Due incontri separati, fissati per il primo pomeriggio in un luogo ancora da definire e accompagnato dall’avvocato Eugenio Losco. Con gli esponenti del Governo verrà affrontata la possibilità di depositare al Tribunale di Budapest un’istanza con cui chiedere gli arresti domiciliari in Italia in attesa di sentenza. Il ricorso sarà basato sulla decisione quadro 829 del 2009 del Consiglio dell’Unione europea sul ’reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare' fra Paesi membri Ue. I legali della famiglia fanno sapere di «apprezzare» l’interessamento dell’Esecutivo e chiederanno un gesto ’politicò pur senza intromissioni nel sistema giudiziario di un altro Paese, quello di fornire in anticipo a magistratura e governo di Viktor Orban «rassicurazioni» sulla detenzione domiciliare in Italia e in particolare la garanzia che non ci sia alcun pericolo di fuga, ad esempio con la sorveglianza da remoto con braccialetto elettronico.

 

L’ipotesi di scontare i domiciliari in attesa di processo in Ungheria viene vista invece come tecnicamente complicata: Ilaria Salis non ha una casa, né un domicilio o i mezzi per sostenersi nel Paese dell’est europeo. Sarà esplorata la possibilità di chiedere e ottenere la misura alternativa all’interno dell’Ambasciata italiana in Ungheria. L’ipotesi in mattinata esce per bocca dello stesso La Russa che si è detto «estremamente favorevole» ai domiciliari che non riguardano il «grado di responsabilità» sui «fatti contestati». «Se difendo una militante antifascista? - prosegue la seconda carica dello Stato - Sì perché, al di là del giudizio che uno può dare delle sue idee e del modo con cui le traduce, se è vero o non è vero che lei abbia partecipato a quella spedizione, è comunque una cittadina italiana per la quale è giusto siano tutelati i diritti della persona».

 

In giornata è uscita la lettera che il Garante nazionale dei detenuti Felice Maurizio D’Ettore ha inviato al Commissario per i diritti fondamentali ungherese, Akos Kozma, il 31 gennaio scorso. «Confidiamo nella sensibilità delle autorità ungheresi riguardo alla gravità della situazione, che ha suscitato grande preoccupazione anche nell’opinione pubblica sia nazionale che internazionale», è uno dei passaggi in cui si fa riferimento alle «catene alla caviglia, manette alle mani e al corpo, e al suo accompagnamento nell’aula davanti al tribunale e al pubblico con un guinzaglio a catena guidato da un agente di polizia donna». Il Garante ha avviato anche delle interlocuzioni con il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa e l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, rispetto alle «limitazioni disumane e degradanti imposte» alla maestra lombarda. Il padre di Salis invita invece a «smorzare i toni e spegnere le polemiche» e lasciar «lavorare serenamente le persone delle istituzioni che stanno dando un valido contributo per risolvere questa incresciosa situazione». «Ora conta soltanto l’interesse - afferma il 58enne - in termini di dignità e diritti civili, di mia figlia Ilaria».

 

Un appello forse in vista dell’incontro di lunedì che si terrà nelle stesse ore in cui il ’caso' approderà al Parlamento europeo a Strasburgo. Il gruppo dei Socialisti e Democratici ha chiesto e ottenuto un dibattito sulla ’Situazione dei detenuti nelle carceri ungheresì. La Conferenza dei presidenti non si è opposta. Non ci sarà alcuna «risoluzione» da votare ma un focus sulla cittadina italiana, imprigionata nella nazione magiara da febbraio 2023 in «condizioni deplorevoli», spiega un portavoce dell’Eurocamera.

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