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Giorgia Meloni, vignetta choc del Fatto: l'indignazione vale solo per Schlein

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 L’indignazione a giorni alterni dell’intellighenzia. Se si fa umorismo sulla Schlein tutti indignati, se la satira colpisce Meloni silenzio. Andiamo con ordine. La vignetta di Mannelli su «Il Fatto Quotidiano» di ieri ritrae una Giorgia Meloni in intimo, girata di spalle, con la dicitura: «La rivincita delle gambe corte. Esplode la moda "cavallo basso" ordina anche tu la nuova dieta governativa per somatizzare le bugie». La vignetta replica la copertina di un settimanale con il nome che viene storpiato in «Giorgia bella» con tanto di sottotitolo: «Settimanale della nuova egemonia». Sulla destra si legge: «Esclusivo. L’opinione del generale Vannacci: "Donna nana tutta tana"».

 

Non è la prima volta che il quotidiano diretto da Marco Travaglio pubblica vignette satiriche che fanno discutere. Ultimamente aveva creato un polverone la vignetta di Natangelo su Arianna Meloni e il marito, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Ancora prima c’era stata una vignetta, a firma di Francesco Federighi, che ritraeva Elly Schlein con un nasone. Nella dicitura si precisava che la segretaria dem «è figlia di Melvin Schlein, americano, ebreo, ashkenazita», così per chiarire eventuali dubbi sul motivo di quel nasone.

 

Ovviamente dopo quella vignetta si levarono le proteste fra chi accusava il vignettista di aver rievocato alcuni stereotipi contro gli ebrei e chi denunciava una tendenza dei media di giudicare le donne in politica sempre e solo dal punto di vista estetico. Lasciamo perdere per un attimo il giudizio sull’opportunità o meno di quella vignetta e sui commenti che ne derivarono. Quello che ci interessa è il doppiopesismo. Per la Schlein una difesa a spada tratta per Giorgia Meloni neanche una parola. E non c’è ragione che tenga. La satira deve colpire i potenti, più che giusto, ma certo Schlein non è una ignota ragazza indifesa, ma la segretaria del primo partito di centrosinistra in Italia.
Quindi non è questa la motivazione che può giustificare il silenzio di chi prima strepitava allo scandalo. E se, per difendere Schlein, si tirò in ballo il corpo delle donne non si capisce perché Meloni in mutande e reggiseno non dovrebbe far discutere. Qui il punto è che o la satira vale per tutti o non vale per nessuno. O ci indignamo per la caricatura di Schlein e di Meloni o non ci indignamo per nessuna delle due vignette. 

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